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Un esempio di “Microsoftese”

Informatica e lingua italiana: due ambiti incompatibili?

Quando parenti, amici e conoscenti mi raccontano di problemi con i programmi sul computer li invito sempre a leggere le finestre di errore che compaiono, dicendo loro che contengono spiegazioni o quantomeno indizi utili per capire cosa sia successo e come porvi rimedio.

Devo però ammettere che se compaiono messaggi del genere non è affatto un’operazione facile.

Un esempio di "Microsoftese"

L’avviso è comparso mentre con Word 2008 per Macintosh salvavo un documento originariamente in formato DOC nel più universale RTF. Quest’operazione secondo Microsoft non avrebbe mantenuto lo stesso carattere e altri dettagli di poco conto e l’azienda ha scelto di interrompere l’operazione e avvertirmi sugli sviluppi delle mie azioni, certa di rendermi un servizio.

Vi invito a leggere con attenzione la finestrella di avviso che ho salvato.
Formalmente non c’è nulla di errato ma confesso che ho problemi a seguire e capire il secondo paragrafo, per non parlare del pulsante “Continuazione salvataggio in corso…”.

È un esempio di “Microsoftese”, uno dei tanti astrusi dialetti dell’informatica lontani parenti del burocartichese. Si fa solo finta di parlare all’utente in una lingua a lui comprensibile e invece ci si rivolge a lui con spiegazioni macchinose, involute, fumose e piene di paroloni che aumentano le legioni dei “Io non ci capisco nulla dei computer”.