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Panorama – TOC Bologna 2011: che futuro ha il libro digitale per ragazzi?

Potenziali, rischi, modelli, costi: sono alcune delle questioni affrontate nella prima edizione italiana della conferenza TOC di O'Reilly, rivolta a editori e operatori interessati a lanciarsi in un mercato per ora dominato da Apple ma ancora giovane e in rapida evoluzione.

di Nicola D’Agostino

TOC Bologna 2011

Dove va l’editoria digitale? Qual è il futuro del libro illustrato? Ebook o app? Quali i costi?
Sono alcune delle questioni affrontate al TOC Bologna, un nuovo e ambizioso convegno tenutosi alla vigilia della Fiera del Libro per Ragazzi.

TOC, acronimo che sta per “Tools of Change for publishing” ma richiama anche il “Table of Contents”, l’indice del libro, è una conferenza ideata e patrocinata dalla casa editrice tecnica O’Reilly e giunta oltreoceano alla quinta edizione.

Il presupposto da cui prende le mosse il TOC è che la combinazione Internet+tecnologia sta trasformando profondamente l’editoria in tutte le sue componenti: sviluppo, produzione, distribuzione e consumi e che ci troviamo di fronte al più grande stravolgimento dai tempi dell’invenzione della stampa.

L’edizione bolognese -coorganizzata da O’Reilly e dalla Fiera del Libro per Ragazzi- si inserisce in quest’ottica e con una giornata densa di interventi, tavole rotonde e alcune dimostrazioni ha provato a affrontare il tema centrale, quello che afferma che “The world of storytelling is changing”.

Che ci sia un cambiamento in corso è un concetto condiviso e ribadito da diversi dei relatori, tra cui Kate Wilson dell’editore indipendente Nosy Crow che ha evidenziato la mutevolezza dei canali e delle piattaforme e fornito alcuni dati e Joe Wikert della O’Reilly che ha azzardato un’analogia degna di nota con la storia della televisione. Secondo Wikert così come le trasmissioni televisive inizialmente erano poco più che quelle radiofoniche con l’aggiunta di riprese allo stesso modo anche l’editoria digitale al momento è in una fase ancora acerba e non sta ancora sfruttando tutto il suo potenziale.

Per farlo editori e detentori di properties e diritti devono però capire a cosa vanno incontro, le sfide e le possibili sinergie tra stampa e digitale. Estremamente utile in questo senso è stato l’intervento di Brian O’Leary, di Magellan Media che ha passato in rassegna i modelli di publishing possibili, e i versanti su cui lavorare e fatto notare che usabilità, tempismo e disponibilità immediata sono aspetti da non sottovalutare, pena la perdita di pubblico.

Altra tematica emersa dal TOC di Bologna è quella delle piattaforme di fruizione e distribuzione, anche per la presenza di rappresentanti di Barnes and Noble, che sta per lanciare un suo App Store, e di HP che punta a rendere il suo webOS “rilevante per la comunità editoriale e dei contenuti digitali”. Ma questi, come gli Store Android e Chrome sono per ora solo possibili prospettive future: la realtà che emerge è quella di un settore dominato da Amazon e soprattutto da Apple. È su quest’ultima, con il suo iPad e l’App Store, che il libro (illustrato) per ragazzi e i suoi operatori -non senza dubbi, critiche e lamentele- stanno puntando e investendo, un po’ per necessità e un po’ per effettiva mancanza di alternative.

Diversi interventi si sono dedicati a esplorare i vari aspetti creativi, economici e di marketing della pubblicazione in forma di app. Umesh Shukla, dello studio di animatori e sviluppatori Auryn, ha definito l’iPad un “nuovo dispositivo” e un “nuovo modo di raccontare storie” e l’editore Michael Neugebauer della Minedition ha sottolineato di come nell’aprile del 2010 Apple abbia creato da nulla un nuovo mercato e nuove possibilità, al punto che si è trasferito a Hong Kong per seguire meglio lo sviluppo del suo settore di editoria digitale.

La questione dei costi, non solo di sviluppo, è stata posta in numerose occasioni, insieme a quella di come i “piccoli” possano affrontare il cambiamento e il convertire o creare contenuti per tablet e eReader. Neuguebauer ha ammesso che ora come ora non è nemmeno chiaro se verranno recuperati gli investimenti fatti che è chiaro che non si può fare a meno di lanciarsi nell’impresa, ovviamente ognuno con i propri mezzi. Chi può, come Disney, investe in tecnologie di pubblicazione mentre per altri che magari hanno contenuti ma non dispongono grossi budget l’unica opzione è allearsi con chi sviluppa e creare alleanze produttive e di crescita.

Chiudo con una nota sul pubblico del TOC Bologna. Anche se l’incontro si teneva in Italia e non sono mancati gli interventi di italiani nella platea la rappresentanza del nostro paese era davvero striminzita. Vista la sede era prevedibile una presenza nutrita di molti operatori stranieri che nei giorni seguenti sono in Fiera ma aver mancato un appuntamento del genere, tralaltro svolto “in casa”, è un segnale preoccupante per l’evoluzione e il cambiamento dell’editoria digitale italiana.

Articolo originariamente pubblicato su Panorama.it