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TOC Bologna 2011: appunti e considerazioni a caldo

La conferenza Tools of Change for Publishing ideata da O’Reilly è approdata a Bologna, come anticipo della Fiera del Libro dei Ragazzi. Ecco qualche riflessione dopo aver assistito a una giornata piena di interventi, incontri, demo e tante discussioni formali e informali al di là e e al di qua del palco.

Sono passate poche ore dalla conclusione del TOC Bologna e gli organizzatori, in primis Roberta Chinni e Neal Hoskins, si sono accomiatati dando appuntamento al 2012.

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La mia è volutamente una visione parziale e distaccata della manifestazione da parte di chi segue da anni il campo e ha conoscenza diretta e indiretta di campi e tecnologia chiave vecchi e nuovi ma che era presente in veste di giorn^H^H membro dei media e (per ora) non di editore, agente o operatore del publishing per ragazzi.

Il bilancio, almeno dal mio punto di vista, è positivo, non fosse altro per la preziosa occasione di constatare alcune questioni e trend, che tratterò nei prossimi giorni in un articolo vero e proprio per Panorama. Ecco intanto alcune cose rimaste impresse o emerse da una prima rilettura delle mie note.

Al TOC c’erano pochi, pochissimi portatili: parecchi iPad*, qualche Galaxy Tab ma soprattutto tantissima carta (taccuini, agende, blocchi note) per annotare quanto detto. Questo dato strideva in un incontro che punta a trattare degli “strumenti del cambiamento” per portare l’editoria in ambito digitale.

Gli italiani erano una sparuta minoranza. Sì, c’erano ben tre relatori/moderatori, ma nel pubblico gli italiani non c’erano, e forse erano tra quelli che ne avrebbero giovato di più.

Si è sentito di tutto e il suo contrario: c’è chi spinge l’HTML5 come soluzione a tutti i mali e chi chi snobba l’epub, chi invoca interoperabilità e chi propone DRM restrittivi, chi dà addosso a Apple e al suo App Store ma non propone alternative, chi dice di sperimentare e ascoltare il consumatore e chi di darci sotto con il marketing as usual e di non concedere nulla sul versante prezzi.

A mio modesto avviso l’intervento migliore è stato quello di Brian O’Leary di Magellan Media Partners che ha fornito un compendio di come gestire e affrontare il passaggio al digitale a breve e medio termine. Tra le altre cose O’Leary se ne è uscito en passant con due affermazioni davvero notevoli:

  1. [sulle interfacce utente] “closed may be ok; difficult to use is not”
  2. “content is now available anywhere you want it, it may not be available for sale”

C’era un “elephant in the room” onnipresente nei discorsi quasi sempre critici di molti relatori, un’azienda i cui tablet erano nelle mani di molti dei partecipanti.

Eloquente in questo senso il caso del rappresentante di Barnes e Noble che spingeva un dispositivo di lettura, il Nook Color, un formato e un negozio online di testi che si propone come alternativo e concorrente a quello di Apple ma che per la sua presentazione usava un iPad e che diceva che ovviamente i libri di Barnes and Noble erano disponibili anche per il tablet di Cupertino.

L’impressione è che l’editoria digitale per ragazzi (e forse non solo quella) rischi di ripetere gli stessi errori di quella musicale. Invece di lamentarsi del potere che ha Apple e poi abbracciare quella aberrazione che è la pubblicazione di libri come app dovrebbero chiedersi un po’ di più come mai l’azienda di Steve Jobs detenga una posizione dominante.