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Suona bene la musica di Apple

Un milione di brani venduti on line: il nuovo servizio lanciato dalla Mela riscuote un grande successo e costituisce un banco di prova per le case discografiche. Gli utenti Windows dovranno aspettare la fine dell’anno. E gli europei?

di Nicola D’Agostino

È passata una settimana dalla presentazione a San Francisco del nuovo servizio di vendita di musica on line di Apple, iTunes Music Store che ha richiamato l’attenzione dei media di tutto il mondo.

L’iniziativa ha galvanizzato appassionati e utenti ma anche stimolato confronti e reazioni della concorrenza che ora dovrà fare i conti con le prime cifre diffuse che parlano di oltre un milione di brani venduti.

Il mix di servizio, programmi, standard audio e nuove versioni di lettori portatili, è stata presentata con il solito entusiasmo dal Ceo Steve Jobs: «Napster ci ha mostrato che Internet è nato per la distribuzione della musica digitale». Dopo aver rettificato il senso di alcune sue affermazioni passate, ha dichiarato che i servizi concorrenti richiedono lungaggini burocratiche e trattano gli utenti “come criminali”. Non ha rinunciato all’ironia: l’offerta Apple fa bene al karma.

Al di là di battute e frecciate, Jobs, davanti a una platea con in prima fila l’esponente della Riaa Hilary Rosen, ha presentato un servizio che rappresenta una piccola rivoluzione nonché una manna per le cinque major discografiche (Bmg, Emi, Sony Music, Universal e Warner Bros) che hanno aderito.

Il sapiente mix di legalità, qualità dell’offerta, semplicità d’uso e policy d’uso più “rilassate” ideato da Apple ha vari obiettivi. Anzitutto quello autopromozionale, che consiste nella vendita dei nuovi lettori iPod e di computer Macintosh, a cui il servizio è per ora limitato. Il supporto per i sistemi Windows è annunciato per la fine dell’anno, anche se si vocifera che comparirà molto tempo dopo la riapertura delle scuole, il periodo di maggior acquisto di nuovi computer.
A questo va aggiunto il guadagno dalla vendita di musica in formato digitale, offerta nel nuovo formato Mpeg4-Aac, superiore qualitativamente all’Mp3 e integrato con sistemi di Digital Rights Management. Il formato scelto da Apple permette di “autorizzare” computer e dispositivi alla riproduzione e di limitare il numero di copie.
Infine l’obiettivo più ambizioso, quello di rappresentare un banco di prova per le etichette discografiche: un mercato ristretto in quanto “mac-only” e limitato (per ora) ai soli Stati Uniti, rassicurante e controllabile.

La risposta sinora è stata incoraggiante, al limite del plebiscito: 110.000 iPod ordinati, 275.000 brani acquistati in 18 ore poi divenuti un milione nel giro di una settimana, ma anche il milione di utenti che ha scaricato la versione 4 del programma iTunes con cui oltre ad accedere al Music Store è possibile condividere (ma non copiare) la propria libreria o playlist musicale tra computer in rete (fatto che chiarisce ulteriormente l’affaire iCommune.

Altrettanto entusiastica la reazione dei media, sia oltreoceano che in Europa con numerosi articoli e interviste a Steve Jobs su testate come Forbes, Time, Usa Today, Fortune, Salon ma anche l’Unità) e Il Sole 24 Ore, secondo il quale Apple sarebbe già diventata oggi «la Amazon della musica, il più straordinario negozio planetario di canzoni».

La Cnn ha invece offerto un confronto tra iTunes Music Store e servizi concorrenti, uno dei quali, Emusic-Mp3.com, reagisce con un comunicato di questi giorni annunciando ai suoi iscritti novità nel servizio, tra cui l’innalzamento della qualità audio degli Mp3 e un nuovo sistema per accedere al servizio con maggiore semplicità e rapidità.
Da segnalare anche che la Emi, pochi giorni prima della presentazione dell’iTunes Music Store ha invece annunciato una sua iniziativa europea con un catalogo di 140.000 brani e 3000 artisti, probabilmente spinta a capitalizzare la mancata disponibilità dei servizi Apple nel vecchio continente (per cui esiste già una petizione con più di 6000 firme “virtuali”).

Tutto ciò, insieme all’annuncio che Apple aggiungerà altre 2300 canzoni (fra cui quelle del nostro Andrea Bocelli), conferma l’impressione che il 28 aprile sia stata offerta una risposta alle paure dell’industria della musica e allo stesso tempo la dimostrazione, cifre alla mano, che intraprendere con successo la strada di un Drm dal volto umano è possibile.

Articolo originariamente pubblicato su Mytech.it