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Spacchiamo gli hard disk, per sempre!

Quando ci vuole, ci vuole: la distruzione dei dati preziosi o sensibili va fatta con il massimo della violenza.

di Nicola D’Agostino

Qualche giorno fa in Australia il governo ha messo all’asta e venduto 16 server: il nuovo proprietario ha trovato l’hard disk pieno di dati, tra cui il sorgente della gestione e assistenza della rete dei trasporti pubblici. Lo scorso ottobre in Olanda un giudice del tribunale ha buttato il suo PC nella spazzatura: lo ha recuperato un tassista che ha scoperto il disco pieno di informazioni personali e dati su casi ancora aperti.

Uno studio dell’MIT (Massachussets Institute of Technology) del 2003 ha dimostrato come su 158 dischi fissi usati acquistati in negozi, mercatini e anche su eBay, molti contenevano numeri di carte di credito, transazioni bancarie e giga di corrispondenza. I rischi che qualcuno recuperi dati preziosi o sensibili da hard disk venduti, o CD-ROM di backup finiti nella spazzatura sono concreti. Per assicurarci un po’ di tranquillità personale vediamo come rendere quei bit davvero irrecuperabili…

The soft way

Il modo più rapido di "formattare" un disco è la rimozione della tabella di allocazione, sistema veloce quanto insicuro che cancella solo l’indice e non intacca i dati.
Più lungo e affidabile è invece il sistema con cui i blocchi vengono interamente rimpiazzati da dati casuali. Questo metodo, specie se effettuato più volte, garantisce un discreto margine di sicurezza, tant’è che è richiesto da diversi enti per dati sensibili o riservati. La procedura è resa efficace e facile -ma anche pericolosa- grazie a software come Autoclave e DBAN: copiamo il software su floppy disk, inseriamolo nel PC e riavviamo da esso ed ecco un’interfaccia per ripulire il disco.

DBAN

I dati nascosti

La cancellazione via software ha però un punto debole, insito nella natura magnetica del supporto. La riscrittura sistematica di dati sulla superficie del disco non garantisce la distruzione delle informazioni presenti in passato che permangono sotto forma di flebili tracce sulle piattine, tracce rilevabili e interpretabili.
L’operazione non è alla portata di chiunque: richiede camere sterili e strumenti specifici come i microscopi che rilevano le forze magnetiche. E’ però ben nota da tempo in ambito accademico, come dimostra la tesina "Recovery for Data stored on Magnetic Media", ed è usata ad esempio dalle ditte specializzate nel recupero dati. Queste, in cambio di parcelle salate, sono in grado di recuperare, tra gli altri, i dati contenuti in dischi bagnati in acqua o altri liquidi (caffè, coca-cola…) o colpiti da fulmini e scariche elettriche.

The hard way

Non resta che passare all’approccio "fisico", più esigente e pesante ma anche più definitivo e soddisfacente anche se a fronte di un po’ di lavoro e l’impiego di attrezzi pesanti nel cortile.
A chi pensa che si tratti di una esagerazione paranoica o di uno sforzo inutile facciamo notare che esistono direttive di governi, enti sanitari e aziende che impongono questo tipo di distruzione cruenta dei dischi.
Tra i metodi più gettonati abbiamo la distruzione a colpi di martello e piccone, la trapanazione (si racconta che alcuni dipartimenti USA abbiano personale specifico addetto), il degaussing o l’inceneritura, tutte modalità che compromettono in maniera permanente la superficie su cui sono scritti i dati.

distruzione dei dischi a martellate

R.I.P. CD

Non dimentichiamoci nemmeno dei supporti ottici: CD e DVD non hanno la vulnerabilità analogica dei supporti magnetici ma rappresentano anche loro un problema da risolvere.
La scelta è vasta e include l’incidere o graffiare la superficie del CD (meglio se quella riflettente e più sottile, dal lato dell’etichetta) o di spezzarlo. Per velocizzare la procedura si può usare un foglio di carta vetrata (oppure il manto stradale) o mettere più dischi in un sacco e frantumare il contenuto, evitando così anche di farsi male (attenzione a mani e occhi!).

C’è anche chi suggerisce, in maniera spericolata, l’uso del forno a microonde per carbonizzare, con un lampo molto coreografico, i dischetti di plastica: non abbiamo provato ma pare però che si rischi di rovinare il forno, oltre che di generare fumi tossici. Forse è meglio un po’ di esercizio fisico.

Che memoria quella card!

Acqua? Martellate? Potrebbero non bastare per rendere illeggibili le memory card.
Lo afferma un’indagine della rivista "Digital Camera Shopper" che nel 2004 ha messo a dura prova cinque dei più diffusi formati di schedine di memoria: CompactFlash, Secure Digital, xD, Memory Stick e Smartmedia.
I supporti sono in grado di sopravvivere e di conservare i dati contenuti anche dopo bollitura, immersione in bevande zuccherate, passaggio con skateboard, colpi di martello, inchiodatura ad un albero ed anche alla furia distruttrice di un bambino piccolo.

Il lancio dell’hard disk

Un modo creativo e molto geek di abusare e riutilizzare i dischi fissi è quello della "gara lancio degli hard disk".
Non si tratta ancora di una disciplina olimpionica ma chi frequenta le manifestazioni informatiche avrà assistito a questa tecnogoliardata in cui discoboli dilettanti si sfidano a chi fa raggiungere la maggiore distanza a un pesante rettangolo ormai inerte, magari targato Seagate o Maxtor.

Una versione di questo articolo è stata pubblicata su "Hacker Journal" n. 83 del 08/09/2005