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Sotto il Palm c’è un BeOS

La sesta versione di Palm OS mette a frutto le mosse fatte nel 2001, quando l’azienda acquisì diritti e tecnologia della Be, produttrice di un sistema operativo tanto apprezzato quanto sfortunato. Ma in Rete si aggirano i suoi figli, legittimi e non.

di Nicola D’Agostino

Dopo l’annuncio della consegna ai produttori hardware, febbraio rappresenta una nuova importante tappa nella strategia dietro alla nuova versione del sistema operativo per palmari Palm OS, che, secondo Charlie Trischler, vice presidente del marketing, verrà consegnata a breve agli sviluppatori. durante un convegno mondiale.

Dietro il nome in codice di Sahara si cela una versione sofferta ed a lungo annunciata, che introduce nuove funzioni multimediali e di multitasking e finalmente capitalizza l’investimento fatto nell’agosto di tre anni fa. All’epoca, la divisione PalmSource, dopo aver ventilato la possibilità di usare Linux ed aver flirtato con il sistema Symbian, rilevò a sorpresa l’azienda californiana Be, Inc., che versava in uno stato di grave crisi, assicurandosi la proprietà intellettuale, la tecnologia e 50 impiegati dei 57 rimasti all’azienda in cambio di 11 milioni di dollari, pagate in azioni Palm.

La Be, Inc. era stata fondata nel 1990 da personaggi provenienti da alcune tra le aziende più prestigiose della Silicon Valley, capitanate da Jean Louis Gassee, ex responsabile dello sviluppo tecnologico presso Apple. L’idea dietro il progetto di Gassee e soci era quella di una macchina che rappresentasse una soluzione innovativa per la gestione dei dati multimediali.

L’azienda inizialmente puntò su un’accoppiata di hardware proprietario e sistema operativo, il BeOS, ma negli anni successivi la Be abbandonò lo sviluppo dell’hardware e si concentrò sul suo sistema operativo, guadagnatosi un’ottima reputazione oltre ad una sorta di culto tra gli utilizzatori per le sue doti di stabilità, velocità, modularità ed eleganza dell’interfaccia, finendo addirittura per concorrere al ruolo di nuovo sistema operativo per la Apple.

In seguito la Be, anche per contrasti con Apple, decise di espandere la base di utilizzatori realizzando nel 1998 una versione per piattaforma x86 che fu estremamente popolare, ma che non riuscì mai a sfondare veramente anche a causa della concorrenza opposta da Microsoft, con cui Be aprì un contenzioso risolto a suo favore solo di recente e purtroppo “post-mortem”.

L’acquisto di Palm all’epoca è stato una mossa volta a contrastare tecnologicamente la concorrenza di Microsoft che con il suo Pocket Pc che negli ultimi anni si è fatta incalzante, nonostante il dominio del mercato spetti tuttora a Palm.

L’incorporazione delle tecnologie del BeOS non ha però decretato la morte del sistema operativo originario, anzi. Nonostante Palm abbia rifiutato di cedere o di condividere il codice di un sistema di cui aveva intenzione di usare solo una minima parte, negli ultimi anni sono comparse una serie di filiazioni e prosecuzioni.

Tra queste segnaliamo anzitutto Zeta della tedesca Yellowtab. Zeta si propone come una prosecuzione commerciale autorizzata e legale, in quanto avrebbe precisi accordi di licenza in tal senso stipulati prima dell’acquisizione, quando Be aveva interrotto lo sviluppo e si era concentrata su un fantomatico progetto multimediale.
Se l’avventura di Zeta presenta secondo qualcuno ancora dei punti poco chiari, figlia palesemente “illegittima” è invece la copia non-ufficiale e incompleta di BeOS, detta “Dano“, diffusa da uno sconosciuto e che circola da anni in Rete guadagnandosi anche upgrade e versioni modificate.

Da nominare, infine, la nascita (dopo il rifiuto di Palm di “liberare” il BeOS) di una pletora di progetti tra l’idealista e l’entusiasta, miranti a ricreare cloni “free”, il cui superstite più promettente, seppure ancora lontanto dalla completezza, ha il nome di OpenBeOS.

Articolo originariamente pubblicato su Mytech.it