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Silver al Magnus Day 2015

Trascrizione dell’incontro con Guido Silvestri moderato da Nicola D’Agostino e Gabriele Bernabei a Castel del Rio (BO) durante il Magnus Day 2015.

Silver, D'Agostino Bernabei

Gabriele Bernabei: Com’è stato il rapporto con Magnus?

Silver: Era un autore che io stimavo moltissimo, e che stimo ovviamente ancora moltissimo, con qualche anno più di me. Mi metteva una certa soggezione, così come tutti quelli che io consideravo dei maestri, dei punti di riferimento e quando l’ho conosciuto sono riuscito a scambiarci pochissime battute, anche perché Roberto quando parlava non si capiva niente devo dire. Cioè io non capivo niente, perché [lui] seguiva dei percorsi tutti suoi e si faceva fatica a star dietro al filo del discorso e quindi io stavo lì, annuivo, capivo che stava dicendo delle cose molto intelligenti ma non capivo quali. Era una persona dolcissima, di straordinaria sensibilità. Gli sono rimasto sempre affezionato anche idealmente. E il fatto che anche il mio maestro e amico Bonvi si sia trasferito qui a Castel del Rio, proprio sulle orme, sulle tracce di Magnus, ha fatto sì che lo abbia poi visto anche altre volte, in altre occasioni, anche l’ultima, in occasione del suo funerale. Sono venuto in macchina con un amico d’infanzia con cui ho condiviso nei primi anni Sessanta la passione per i fumetti “neri” iniziata con Diabolik e con Kriminal e Satanik e si diceva proprio quale grande novità da un punto di vista grafico abbia rappresentato Magnus con il suo tipo di disegno molto particolare, deciso e ben documentato. È stato veramente un discrimine tra il fumetto dozzinale, nel senso dispregiativo, in cui c’era scarso interesse proprio per la documentazione, e un tipo di fumetto italiano, quello di Magnus, in cui se la pistola era la P38, accidenti quella [disegnata] era proprio una P38 in tutti quanti i suoi piccoli dettagli. Aveva qualche problema con le automobili, mi ricordo molto bene, ma gli si perdona.
È stato un caro amico e un maestro, e un grande esempio di professionalità. [applausi]

Nicola D’Agostino: Magnus ha spaziato molto nei generi: quale delle sue produzioni, serie o personaggi ha apprezzato di più?

Silver: Io direi i primi Kriminal. Poi lui ha fatto moltissime altre cose. Mi ricordo in particolare quelle veramente “sue”. Le cose precedenti erano sempre mediate da uno sceneggiatore che poteva piacere o non piacere, quindi si vedeva che c’era un intento molto commerciale. I primi Kriminal mi hanno molto emozionato, veramente, per questo segno veramente nuovo che stava esprimendo. Nel primo Kriminal in assoluto non si capiva nemmeno molto bene dove stesse andando a parare: era alle prime armi anche lui, molto giovane, quindi stava ancora maturando. Poi con la “Compagnia della forca” e con Lo Sconosciuto soprattutto. Il suo Tex, [nonostante] una mia particolare idiosincrasia per il genere western… l’ho studiato in tutti quanti i suoi dettagli, soprattutto alla luce del fatto che sapevo che lui stava qui [a Castel del Rio] e che ogni scorcio era preso dal paesaggio circostante, quindi l’ho studiato con attenzione, però non mi ha molto emozionato. Mi ha emozionato la storia di questo Texone, nel senso perché io per caso incontravo [Sergio] Bonelli con cui ogni tanto si condivideva qualche cena e chiedevo “Ma come va il Tex di Magnus?” [E Bonelli] “Eh, sì, è ancora alla quindicesima tavola…” e quindi è stata una genesi molto sofferta.
Per me il Magnus vero è stato quello de Lo Sconosciuto in particolare.

Silver mentre fa una dedica al Magnus Day 2015

Gabriele Bernabei: Lupo Alberto è dappertutto ormai, è come Tex, un […] simbolo per il nostro paese. Cattivik è un po’ meno noto però testimonia un rapporto tra te e un’altra persona che è venuta a chiudere i suoi giorni qui a Castel del Rio, Bonvi. Ci dici due parole su di lui?
Silver: Penso che di Bonvi si sappia moltissimo. Con Bonvi avevo un rapporto più familiare, fraterno, che non professionale. Ho conosciuto Bonvi nel 1970, credo, se non qualche mese prima, quando frequentavo il Venturi, l’Istituto d’Arte a Modena e lui stava già lavorando, era diventato già abbastanza popolare per la sua striscia, le Sturmtruppen, quando partì l’avventura di Nick Carter, e lui portava avanti già questo personaggio che io considero il più divertente, più di Sturmtruppen, più di Nick Carter. per me la trovata più geniale di Bonvi fu proprio il personaggio di Cattivik, questa specie di parodia di Diabolik, che che lui creò alla metà degli anni Sessanta per una rivista studentesca a Modena e che poi riprese per guadagnarsi la pagnotta e che pubblicò su alcuni quindicinali per ragazzi di quell’epoca e Tiramolla in particolare. Lui poi, travolto dal successo delle Sturmtruppen e di Nick Carter a un certo punto smise di portare avanti Cattivik perché non ne aveva più il tempo e io gli chiesi se potevo portarlo avanti io in modo autonomo. Lui mi disse che non aveva niente in contrario e io dalla metà degli anni Settanta cominciai a portare avanti questo personaggio e poi è stato portato avanti anche da Massimo Bonfatti, che è qui [al Magnus Day] pure lui. È un personaggio che mi diverte sempre moltissimo. Non gode della stessa fortuna al botteghino di cui hanno goduto altri personaggi, per questo ha una vita [editoriale] abbastanza travagliata nel senso che ci sono stati diversi tentativi per far decollare una pubblicazione dedicata a lui con alterne fortune. Quindi è da un po’ che non viene pubblicato. C’è questa riedizione cronologica da parte di Panini che sta andando piuttosto bene. È un personaggio molto conosciuto, che tutti conoscono, soprattutto il pubblico molto giovane di bambini, anche grazie a una serie televisiva che ha fatto Mediaset, Italia 1, alcuni anni fa, che gli ha dato una certa popolarità, e che però si stenta a far decollare. È comunque uno dei personaggi che mi diverto di più a disegnare, perché è una sorta di valvola di sfogo a cui posso far fare di tutto.

Bonvi [è] un grandissimo personaggio, che è riuscito nell’intento della sua vita, cioè quello di essere più personaggio lui rispetto ai suoi stessi personaggi che disegnava. Una persona di grande generosità, un vero amico, per me un fratello che mi manca ogni giorno di più, lo dico senza retorica. Quest’anno, tra il 9 dicembre, che tra le altre cose è il giorno del mio compleanno, saranno vent’anni dalla sua morte e mi manca più di quanto mi mancasse vent’anni fa perché oggi sarebbe un vecchietto con qualche anno più di me e perché mi piacerebbe che stessimo qui in qualche osteria, a raccontarcela sù e invece purtroppo non è così. [applausi]

Enrico la talpa e Cesira disegnati da Silver al Magnus Day 2015

Domanda dal pubblico: Perché alcuni disegnatori preferiscono avere uno standard sempre costante, come Guglielmo Letteri che dal primo Tex all’ultimo è sempre lo stesso invece altri […] si evolvono, migliorano, stilizzano meglio il personaggio mentre altri decidono di mantenere uno standard di produzione quasi industriale? […]

Silver: Lo standard penso dipenda dallo scopo che un autore si prefigge. I miei modelli, dagli esordi, sin da piccolino, è sempre stato Walt Disney, il suo processo industriale, che non vuol dire lo svilimento del personaggio ma vuol dire che ti prefiggi un obiettivo di questo tipo. Un altro punto di riferimento per me è stato Schultz con i suoi Peanuts. Da che ha cominciato a fare le strisce, ha sempre fatto la stessa cosa. Sì, c’è stata un quasi impercettibile evoluzione nel disegno però ha sempre fatto quello: una striscia al giorno. È stata una scelta perché c’era un mercato che gli chiedeva questo. Io semi mettessi a fare altro, e so di miei colleghi che hanno cercato di fare altro e spesso queste cose altre sono state accolte un po’ timidamente, sia dal pubblico e sia dagli editori. perché funziona così: […] se fai il cantante poi magari ti viene in mente di scrivere un libro ti dicono “No, vabbeh, lascia stare, meglio se continui a cantare”, anche senza sapere cosa ci sia scritto nel libro. Quindi il mercato, il pubblico mi chiede questo e io continuo a fare questo. Non mi considero un artista che debba ancora esplorare dei territori e delle dimensioni diverse e quindi faccio il mio mestiere di ciabattino. Ogni mattina mi alzo, faccio la mia tavola, o due o tre o quante sono e picche picche e picche batto il mio chiodo e spero di far divertire qualcuno. Non voglio dimostrare nulla. [applausi]

Nota: la foto di apertura è di Andrea Franzoni.