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Sfuggire a Google e vivere felici

C’è chi non lascia tracce in rete per il timore di intrusione, furti di identità, assedi degli uomini marketing. Privilegiati dell’era digitale o eremiti ossessionati dalla privacy?

di Nicola D’Agostino

C’è chi non lascia tracce in rete per il timore di intrusione, furti di identità, assedi degli uomini marketing. Privilegiati dell’era digitale o eremiti ossessionati dalla privacy?

Google e gli altri motori di ricercapermettono di avere informazioni, in pochi attimi, dagli angoli più reconditi della rete: spesso basta digitare un nome per ottenere gratuitamente e facilmente una mole enorme di dati, anche riservati, su persone note e meno note, sulla loro vita, i loro spostamenti, lavori, passioni, attività, opinioni, preferenze, orientamenti.

C’è però anche chi sfugge all’occhio di quello che qualcuno definisce il nuovo grande fratello e risulta a tutti gli effetti invisibile in rete, talvolta per caso ma perlopiù per precisa scelta. Queste persone, definite con un curioso neologismo gli UnGoogleables, (traducibile con un quasi impronunciabile “ingooglabili”), non hanno blog, siti web, non partecipano a forum, newsgroup e non si iscrivono a servizi se non sotto falso nome e con dati fittizi.

In alcuni casi rifiutano addirittura offerte e sconti. Perché? Non si tratta di criminali o personaggi loschi ma di chi vuole salvaguardare la propria privacy, bene prezioso e ormai raro nell’era digitale, ma anche essere al riparo dalle attività di “profilazione” da parte di aziende; e sopratutto dai furti di identità.

Anche a costo di dover essere sempre all’erta e avere svantaggi in un mondo sempre più interconnesso.

Tra le molte regole di chi non vuole essere rilevato dal radar di Google & C. c’è di evitare di usare il proprio nome o parti di esso in indirizzi di posta e web e nickname in chat.

Altri accorgimenti sono il non dare corda agli operatori di telemarketing, non comparire negli elenchi telefonici ma anche l’evitare di iscriversi a istituti, associazioni, circoli e gruppi. Questi spesso pubblicano online elenchi dei soci e newsletter senza avvisare i soci, pratica in cui incorrono talvolta anche datori di lavoro, nonostante precise leggi in merito.

Una volta che l’informazione è online è purtroppo quasi impossibile rimuoverla: il danno è fatto e bisogna rassegnarsi a perdere un altro po’ della propria privacy.

Articolo originariamente pubblicato su Mytech.it