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Photo(shop) hacking

Prospettive e ombre sbagliate, colori fuori posto, sfocature e abrasioni: qui photoshopper ci cova.
A caccia di oggetti, persone e dettagli cancellati dalle immagini digitali.

di Nicola D’Agostino

Con un PC di media potenza, una copia di Photoshop (o equivalente), un po’ di abilità e tanta pazienza è ormai alla portata di chiunque modificare fotografie e creare illusioni piccole e grandi.
Il photoshopping è una realtà e per molti versi uno sport praticato su base quotidiana da tanti smanettoni del fotoritocco, come dimostrano le gare in rete su siti come Something Awful, Fark, B3ta o Worth1000.

la militare invisibile?

C’è però anche un aspetto meno giocoso e piacevole della faccenda: quando il ritocco ad arte serve far passare per vero ciò che non lo è.
Gli esempi purtroppo sono tanti anche in passato (vedi il box) e tra i casi recenti ci sono un fotografo scoperto a fondere (male) due suoi scatti per creare un’immagine più drammatica sul Los Angeles Times e un filmato pubblicitario della campagna elettorale del presidente Bush in cui compare una folla di soldati replicati (male) digitalmente.

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Può perciò diventare utile, oltre che avvincente, andare a caccia di possibili fotomanipolazioni cercando nelle immagini piccoli dettagli e incongruenze che tradiscono l’intervento sul file originario. Vediamo come.

A occhio nudo

La prima linea di difesa nella ricerca di taroccamenti è la nostra percezione. In molti casi basta osservare l’immagine per accorgersi che c’è qualcosa che non va.
Ad esempio se ci sono problemi con le dimensioni o piuttosto con la prospettiva con elementi che sono più grandi o piccoli di quello che dovrebbero essere o che non seguono le regole della geometria come un volto frontale applicato su un corpo di tre quarti. Possono essere traditrici anche luci ed ombre: spesso chi preleva ed applica un pezzo da una foto all’altra non amalgama bene il tutto e appaiono ombre o illuminazioni fantasma che stonano con quelle del resto.

In altri casi però il mero colpo d’occhio non basta ed è necessario usare gli stessi strumenti di chi stiamo cercando di svelare: è il momento di impiegare le funzioni che troviamo in programmi di fotoediting come Adobe Photoshop, Corel Paint Shop Pro o anche The Gimp.

Alla ricerca di impronte

Uno degli errori più ricorrenti nel photoshopping è la mancanza di uniformità nell’immagine, con la presenza nelle aree sospette di rumore e nello specifico di macchie, residui o differenze di colori.
Il rumore è un ricordino che spesso permane quando si inserisce o toglie un particolare e si amalgama male o si usa lo strumento di clonazione (noto anche come timbro) per ricostruire un pezzo che manca.

il color sampler in azione

Oltre a vedere ad occhio le differenze di colore si può averne prova certa misurandolo con lo strumento prelievo di colore ("color sampler" in inglese), quello a forma di contagocce e controllando i valori passando sopra le aree o facendo click per vedere i valori RGB o CMYK.
Se ci sono dei salti notevoli e non un passaggio graduale è probabile essere incappati in uno dei punti di "sutura".

il prelievo colore in The Gimp

Altri strumenti per evidenziare i punti di contatto maldestri tra vecchio e nuovo sono l’aumento del contrasto o l’uso dei livelli o ancora la selezione veloce ("quick mask") che fanno scomparire zone simili e evidenziano rilievi e irregolarità. Giocando con i controlli è probabile che escano fuori bordi, grumi, blocchi spurii e/o gli effetti della clonazione (maldestra) di aree.

uso dei livelli per evidenziare gli eventuali bordi di un oggetto riposizionato

Altri pastrocchi e soluzioni

La tecnica funziona anche al contrario. Spesso chi ritocca l’immagine cerca di mascherare l’intervento o prende delle scorciatoie nella ricostruzione. Sia a occhio che con gli strumenti di sopra possiamo individuare un uso smodato del filtro di sfocatura (il blur) o dello strumento sfumino (quello con la forma di un dito). Se prima la zona di contorno era troppo netta e contrastata a risaltava rispetto al resto questa volta il campanello d’allarme è un’eccessiva morbidezza e impastatura delle aree di confine.

In alcuni casi può essere interessante provare anche qualche filtro. Oltre alla maschera di contrasto ("unsharp mask") alcuni esperti suggeriscono anche plug-in tipo "find edges" che stilizzano l’immagine e che per una maggiore efficacia sarebbero da usare su una versione (desaturata) in bianco e nero per non essere distratti dal colore.

istogramma di una fotomanipolazione

Un altro mezzo rivelatore è l’istogramma che ad una lettura attenta mostra "buchi" nelle informazioni del file (ad esempio nei colori) ma che di contro può essere impiegato con efficacia solo quando abbiamo a disposizione un file integro e non compresso o meglio compresso senza perdita. Purtroppo questo accade raramente e invece la norma è dover operare su immagini compresse come un JPEG. Qui la compressione significa non solo che l’istogramma è muto come un pesce ma anche i famigerati effetti di zigrinatura, specie quando con compressione alta, che aggiungono ulteriore rumore e camuffano gli interventi del fotomanipolatore. E svelare il photohacking è ancora più difficile…

Il commissario svanito

Uno dei primi e più famosi casi di fotoritocco è quello avvenuto in un’immagine dell’epoca di Stalin. In questa un personaggio diventato scomodo e quindi eliminato fisicamente, il commissario Nikolai Yezhov ex capo dei servizi segreti sovietici, fu anche cancellato dalla foto che lo ritraeva con il leader dell’URSS. All’epoca la cancellazione di persone e la ricostruzione di quello che c’era dietro era fatta ovviamente senza strumenti digitali e quindi lenta e laboriosa ma ciononostante durante la sanguinosa repressione staliniana di questi fotoritocchi ne furono fatti davvero tanti. All’argomento è stata dedicata anche una mostra a Berlino, intitolata proprio "The Commissar Vanishes", il commissario svanisce, dal caso di Yezhov.

Le due foto di Stalin con e senza Nikolai Yezhov, il commissario epurato

Microsoft snapshot eraser

Si tratta per ora solo di una tecnologia in fase di sviluppo ma i laboratori di ricerca di Microsoft in Cina hanno annunciato e mostrato un software che permette di rimuovere elementi da un’immagine e di replicare lo sfondo mascherando la rimozione.
Volete togliere un passante da un ritratto? Una statua? Un palazzo? Nessun problema: la tecnica, mostrata nel 2005 alle manifestazioni Siggraph e Professional Developers Conference pare funzioni su qualsiasi oggetto in primo piano o sullo sfondo.
Si apriranno nuove prospettive inquietanti per la rimozione dalle foto di oggetti e soggetti sgraditi?

Due esempi della tecnologia in fase di sviluppo in Cina da Microsoft

Una versione di questo articolo è stata pubblicata su "Hacker Journal" n. 90 del 15/12/2005