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PayPerPost, il blog scrive a comando (e a pagamento)

Le reazioni alla nuova proposta commerciale che si rivolge all’ecosistema dei blog: ricompensare i blogger per recensioni prezzolate. In ballo ci sono soldi, ma anche la credibilità della blogosfera.

di Nicola D’Agostino

Guadagnare qualche dollaro parlando bene sul proprio blogdi prodotti e servizi suggeriti dagli inserzionisti. Lo propone Pay Per Post  che dichiara di voler fare da intermediario tra aziende e blogger. Il funzionamento è il seguente: si sceglie da una lista di tematiche proposte, si scrive la segnalazione (obbligatoriamente positiva) osservando un set di regole, si sottopone quanto scritto a PayPerPost per l’approvazione dopo di che il post deve rimanere on line per almeno un mese al termine del quale si viene pagati tramite PayPal.

Dietro PayPerPost c’è l’imprenditore statunitense Ted Murphy, non nuovo a offerte spregiudicate. In passato il suo Network BlogStar era solito contattare gli autori di blog offrendo cinque o dieci dollari per post, possibilmente pieni di lodi per il prodotto suggerito nel tentativo di creargli attorno un “buzz”. Secondo molti PayPerPost è la logica e diretta evoluzione di questa pratica.

Si tratta però di una pratica che ha suscitato reazioni scandalizzate. Molte testate e blog di prestigio si sono sollevati in un moto di sdegno stigmatizzando PayPerPost definendo senza mezzi termini i suoi post come prezzolati.
Sia Mashable che Techcrunch hanno evidenziato lati negativi e punti oscuri dell’iniziativa, tra cui l’implicita richiesta di parlare solo ed esclusivamente bene dei prodotti e la poca o nulla trasparenza verso i lettori. Interessante notare come le più dure nei confronti di PayPerPost siano le testate “classiche” Business Week e News.com che definiscono, rispettivamente, l’iniziativa un modo di “inquinare la blogosfera” e addirittura “un modo per uccidere i blog” facendogli perdere quella (presunta) carica di autentiticità e onestà con cui sono associati.

Ma non è tutto: tutto l’affare appare dubbio non solo sul livello etico ma anche a livello commerciale. A chi tra gli interessati obietta che Murphy e le aziende non farebbe che retribuire entry che tanti scriverebbero comunque (tra le tematiche in “vendita” c’è ad esempio il nuovo film di Superman) fa eco chi evidenza la poca chiarezza sui compensi.

Questi sono riservati e a totale discrezione di PayPerPost e degli inserzionisti: come fa notare il blog italiano Blogs4Biz il post, una volta scritto, viene sottoposto ad un redattore che lo controlla e decide se pagare o meno il blogger.

Merita una riflessione anche il punto di vista di BuzzShout pragmatica e che al tempo stesso va dritto al cuore della questione. Non è nè una novità nè uno scandalo che si sponsorizzi o diventi testimonial di un prodotto: lo fanno da sempre sportivi, attori e personaggi noti. E’ però decisamente grave se a farlo sono blogger che al tempo stesso rivendicano status, credibilità e diritti di giornalisti e cronisti, di cui si dovrebbero accollare anche doveri e deontologia.

Articolo originariamente pubblicato su Mytech.it