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Mp3: si fa presto a dire free

Il formato che ha fatto la fortuna della musica on line non è poi così libero come sembra. E qualcuno teme che prima o poi…

di Nicola D’Agostino

Tcp/Ip, Html, Java, Xml, Wap, sono solo alcuni degli standard cosiddetti “aperti” sui quali si basano informatica e telecomunicazioni, a partire dalle strutture di base di Internet stessa. Questi permettono ad applicazioni diverse, sviluppate da produttori diversi e funzionanti su macchine diverse, di comunicare fra loro, in base a specifiche tecniche diffuse e condivise reciprocamente. Gli standard sono spesso frutto di consorzi o enti addetti, come l’Ansi (American National Standards Institute) o l’Iso (Organizzazione Internazionale per gli Standard), a cui si devono, per fare un esempio tra i tanti, il formato Iso9660 dei Cd-Rom.

Sotto la direzione dell’Iso ricade l’Mpeg (Moving Picture Expert Group), consorzio dedicato alla creazione degli standard per la trasmissione delle immagini e dell’audio: lo scopo è poter gestire immagini e suoni della migliore qualità con la minor occupazione di spazio e banda. Di fronte agli standard aperti, ciascun produttore di software può collaborare all’adozione e allo sviluppo degli stessi, oppure cercare di imporre le proprie soluzioni proprietarie. Una terza via si ha quando un produttore aderisce formalmente a uno standard, ma ci aggiunge delle “estensioni” che alla fine trasformano lo standard in una soluzione proprietaria. Questo è quanto successo ad esempio con Java, sviluppato dalla Sun, ma modificato nella versione della Microsoft a tal punto che non è più compatibile con le implementazioni originali (questione all’origine di una causa intentata della Sun alla casa di Redmond).

Quanto detto per gli standard aperti vale anche per l’Mp3, il formato di diffusione della musica on line per antonomasia. In realtà l’Mp3 non è che una modalità di compressione del segnale audio, con un rapporto qualità del segnale/spazio occupato molto elevato, riconducibile proprio allo standard Mpeg. Il formato Mp3 è infatti tecnicamente noto come Mpeg 1 layer 3, il che vuol dire che è un sottoinsieme dei file Mpeg di tipo 1, compressi con un algoritmo molto efficace.

Altri formati, quali Real Audio della Real Networks o Wma della Microsoft, sono “chiusi” e le specifiche sono gelosamente custodite e centellinate dalle sofware house che li posseggono, le quali hanno così la possibilità di mettere il lucchetto ai file e proibire l’ascolto ai non autorizzati. Al contrario, la forza dell’Mp3 è di poter essere implementato liberamente e pubblicamente da chiunque, sulla base di specifiche diffuse. Questo è stato vero, però, soltanto fino a quando, nel 1998, l’istituto Fraunhofer, inventore dell’algoritmo alla base dell’Mp3, si è fatto vivo rivendicando diritti, anche e sopratutto monetari, sulla sua creazione e quindi in pratica su ogni Mp3 prodotto.

Articolo originariamente pubblicato su Mytech.it