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Ma si può veramente organizzare la conoscenza in rete con i tag?

Intenso il dibattito sull’efficacia della folksonomy. Attenzione ai limiti dello strumento e indicazioni su come usarlo al meglio. Come sempre non serve una regolamentazione dall’alto ma saranno gli utenti a autodefinire le tecniche pi&augrave; adatte.

di Nicola D’Agostino

Ma c’è veramente spazio per l’organizzazione del contenuto in rete fatta dai semplici utenti?
E quali prospettive può avere? Si tratta di domande che fanno seguito allo straordinario successo del tagging e delle folksonomy, dimostrato da siti popolari quali Flickr o delicious. Sulla tematica sono comparsi anche saggi e studi di maggiore respiro che fanno il punto della situazione e pongono alcune domande evidenziando i punti critici delle pratiche attualmente in uso.

La prima e più ricorrente obiezione è che i tag non possono rimpiazzare sistemi di organizzazioni più formali del contenuto e che i termini usati dagli utenti sono imprecisi, non univochi e spesso chiari (e quindi utili) solo a chi li ha coniati. Non si può che concordare con questa analisi, che però non sottrae alcunché all’utilità delle folksonomie.
Si tratta semplicemente di uno strumento in più, uno strumento che, ricordiamolo, prima non c’era, a disposizione degli utenti comuni non addentro ai meccanismi tecnici delle tassonomie, che ora usano (e abusano) dei tag perché più diretti e personali.

Un’altra critica è quella rivolta al futuro dell’organizzazione dal basso. Con la crescente popolarità del tagging e l’aumentare del patrimonio di conoscenza e risorse “archiviate” l’inaffidabilità delle parole chiave impedisce che questo patrimonio diventi un bene pubblico.

Una soluzione almeno parziale per non ritrovarsi con tanti microsaperi privati e individuali è l’adozione di linee guida nell’inserimento dei tag. Ad esempio si dovrebbero evitare caratteri non alfanumerici, o miscugli di maiuscole e minuscole limitandosi solo alle ultime o ancora sarebbe bene usare sempre i plurali invece che il singolare.

Altre “buone pratiche” sono l’uso di sinonimi, l’adottare definizioni già presenti e un maggiore attenzione a errori di battitura: i sistemi che “suggeriscono” i tag, come già succede su Google e Ebay, potrebbero risultare provvidenziali.

La discussione è in corso su siti e blog e se mai emergeranno delle direttive adottate è probabile che ancora una volta non saranno imposte dall’alto ma una emanazione della rete e degli utenti: magari in maniera perfettibile e un po’ disordinata ma viva e all’insegna della partecipazione collettiva, per condividere il sapere senza troppe mediazioni.

Articolo originariamente pubblicato su Mytech.it