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Google: le luci e le ombre

La indiscussa popolarità di Google porta però con se anche degli svantaggi.

di Nicola D’Agostino

Abbiamo già accennato al blocco da parte della Cina. Più in generale il predominio ha reso non solo Google più esposto a critiche e attacchi, ma anche a essere ritenuto troppo potente e in una situazione di vantaggio iniquo. Le mosse di Google sono controllate in misura maggiore e con occhi più sospettosi. Un po’ come capita a Microsoft
Durante l’anno in corso le occasioni di polemica e accusa non sono certo mancate. A marzo si è diffusa la notizia che Google aveva eliminato alcune pagine anti-Scientology in seguito a un’azione legale avviata dalla Chiesa di Scientology. Dopo esser stato accusato di aver censurato delle pagine, Google ha espresso l’intenzione di denunciare qualsiasi futura minaccia al sito ChillingEffects.org, legato all’Electronic Frontier Foundation.
Nel mese di ottobre sono uscite indiscrezioni sul fatto che dal sito francese Google.fr e da quello tedesco Google.de erano stati eliminati una serie di link (più di un centinaio) a siti anti-semiti, a favore del nazismo e della supremazia della razza bianca. In questo caso l’azione di Google è stata preventiva e motivata dal rischio di sanzioni previste dalle legislazioni dei paesi in questione.
Sempre in ottobre il caso della Data Recovery Group è diventato la dimostrazione per antonomasia del potere di Google e della difficoltà nel fare affari senza il suo supporto: scesa inspiegabilmente e repentinamente di posto nei risultati delle ricerche la ditta ha subito una flessione del 30% negli affari.

Un discorso a parte merita PageRank, la tecnologia che come abbiamo già detto assegna un “voto” alle pagine e che costituisce il cuore di Google. Nel corso degli anni, grazie anche al rilascio dell’utility ufficiale Google Toolbar e di siti come Google Monitor che mostrano il “valore” delle pagine, l’attenzione verso PageRank è cresciuta fino a divenire una vera ossessione per webmaster, aziende e agency specializzate nello spingere gli url sempre più in alto nelle liste di risultati.

Un esempio di quanto detto è PR Ad Network inaugurato nell’agosto di quest’anno e che vende link da pagine con un alto valore di PageRank, con il fine esplicito di conferire ad altre pagine lo stesso punteggio. Solo due mesi dopo, Google è stata oggetto di una causa di un’azienda che sfrutta questo meccanismo. La Search King Inc. ha accusato Google di aver modificato l’algoritmo rendendo così inutile la sua attività di vendita di link e ha chiesto un rimborso di 75.000 dollari per i mancati proventi.

Posizione specularmente opposta è quella di Daniel Brandt, definito “Mr. Anti-Google” in un articolo sulla rivista Salon.com, il quale contesta vigorosamente i metodi adottati da Google, tra cui in particolare il numero di link quale indicatore del valore intrinseco di una pagina web. Dal suo sito GoogleWatch Brandt conduce una crociata personale contro PageRank che definisce tirannico e discriminatorio: i nuovi siti risultano svantaggiati in quanto poco diffusi e poco “linkati”.

Articolo originariamente pubblicato su Mytech.it