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L’illustre precedente: il formato Gif

La vicenda Jpeg non è nuova. Compuserve e Unisys chiesero royalty per il Graphics Interchange Format. E il boicottaggio non fu sufficiente a fermarli.

di Nicola Battista e Nicola D’Agostino

Esiste da tempo un altro formato grafico molto diffuso, il Gif (Graphics Interchange Format), usato prevalentemente per immagini geometriche e con zone nette di colore (per esempio le scritte), anch’esso al centro di un “caso” simile a quello del formato Jpeg.

All’inizio del 1995, Compuserve (uno dei più noti provider di servizi telematici negli Stati Uniti, oggi parte di Aol Time Warner) annunciò insieme a Unisys che per utilizzare il popolare formato su Internet, sarebbe stato necessario pagare delle royalty, in quanto Gif era parzialmente basato su un metodo di compressione denominato Lzw, brevettato da Unisys.

Già nel 1983, d’altronde, Sperry, divenuta in seguito Unisys, aveva richiesto il brevetto sulla compressione Lzw, che venne concesso due anni dopo. Nel frattempo, anche grazie a un articolo pubblicato da una rivista specializzata che descriveva in dettaglio l’algoritmo, il formato cominciò a diffondersi. Compuserve utilizzò – ignara – tale algoritmo durante la fase di sviluppo del formato Gif. Quindi, nel 1987, cominciò a diffondere il formato, che tutti reputarono libero e gratuito. Ulteriori sviluppatori fecero uso delle tecniche alla base del Gif. Così anche diversi altri formati, quali Adobe Postscript e Tiff, contengono oggi lo stesso algoritmo.

Due anni dopo Unisys si accorse di possedere il brevetto e da allora le sue pretese aumentarono sempre più, fino alla situazione creatasi all’inizio del 1995 con Compuserve. Unisys, tra l’altro, ha preteso che la licenza a pagamento fosse sottoscritta anche dagli sviluppatori di applicazioni freeware, shareware e open source, che per loro natura sono invece mirate alla distribuzione gratuita, o quasi, attraverso la rete e con altri mezzi. Addirittura, per un periodo, la stessa società è arrivata a chiedere 5.000 dollari di licenza ai server che ospitavano siti Web contenenti immagini Gif. Per poi rimangiarsi la richiesta dicendo che se tali immagini erano state realizzate con software in regola con la licenza Gif, non occorreva pagare la “tassa” aggiuntiva.

A quel punto si diffusero leggende di ogni genere. Compuserve pretese soldi dai suoi utenti; tutte le immagini create dopo una certa data divennero a pagamento o comunque coperte da copyright. Ma come basarsi su un elemento incerto come la data di creazione di un file, quando può essere facilmente alterato? All’inizio, oltretutto, a moltissimi non fu chiaro il coinvolgimento di Unisys nella faccenda. Nel caos generale, qualcuno – nello specifico un gruppo di lavoro capeggiato da Thomas Boutell – decise di tagliare la testa al toro realizzando un sostituto del Gif: il formato Png, aperto, libero da royalty e nelle intenzioni dei suoi creatori, superiore a Gif per qualità e compattezza dei file. La sigla – la cui pronuncia corretta è “ping” – sta per Portable Network Graphics o se preferite, con un acronimo ricorsivo simile a quello usato dai seguaci di Gnu (Gnu’s not Unix): Png’s Not Gif.

L’ultima versione di Png è del 1999 e se da un lato il formato potrebbe presto divenire uno standard internazionale Iso/Iec, il suo successo in termini di diffusione è stato scarso. Uno dei motivi di tale insuccesso fu proprio Jpeg, che mentre Png era ancora in fase di sviluppo, già si diffondeva largamente all’interno di Bbs, fornendo le stesse caratteristiche di compattezza promesse da Png.

Numerose campagne d’opinione, d’altronde, hanno chiesto l’eliminazione del Gif a favore del Png, anche aggressive; una di queste si è chiamata Burn All GIFs (Bruciate tutti i Gif). Persino all’interno della pubblica amministrazione esiste chi ha aderito o sta cercando di aderire a questa policy: è il caso del Dipartimento della Difesa Usa, che ha approvato l’eliminazione dei file Gif dai propri documenti a favore di Png, a eccezione delle immagini animate.

C’è da dire che il brevetto Gif è in scadenza nel corso del 2003: in casa Unisys, ciò ha dato adito all’aumento delle richieste economiche, per cercare di far fruttare gli ultimi mesi di vita del brevetto stesso. Secondo Cnet, uno dei potenziali clienti, Accuweather per l’uso del formato avrebbe ricevuto una richiesta di 3,8 milioni di dollari. Risultato: il cliente ha optato per il passaggio al Png.

Articolo originariamente pubblicato su Mytech.it