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File sharing, la mela della discordia

Apple vieta a uno sviluppatore di distribuire un plug-in che trasforma il proprio software iTunes in uno strumento peer-to-peer: una mossa per non restare invischiata nella bufera degli scambi musicali via Web?

di Nicola D’Agostino

A metà gennaio lo sviluppatore James G. Speth ha comunicato sul suo sito che Apple gli aveva intimato di interrompere la distribuzione di un suo programma e di restituire il Sdk (Software development kit) che gli era stato fornito.
Il software in questione si chiama iCommune, giunto alla versione 1.0b2, ed è un plug-in per il noto player di Mp3 iTunes per Macintosh. La particolarità di iCommune è che trasforma il programma di riproduzione iTunes in un formidabile strumento di condivisione musicale in Rete. Con l’aiuto della condivisione web di Mac OSX è possibile consultare le liste di Mp3 di terzi, riprodurle in streaming e anche copiare i brani sul proprio disco fisso con un semplice trascinamento dei file. In altre parole: iCommune è il peer to peer per iTunes sviluppato da terze parti.

Nella lettera di Apple, in realtà, si cita l’infrazione delle clausole nella licenza del kit di sviluppo per iTunes, che limitano l’uso delle preesistenti funzioni di condivisione solo per connessioni con dispositivi hardware. La cosa è confermata dallo stesso Speth, che ha iniziato a lavorare su iCommune nell’aprile del 2002 con il fine di far “vedere” la sua lista di brani in iTunes a una sua macchina Linux collegata a uno stereo. Il passo successivo è stato implementare un’interfaccia via Web per riuscire a pilotare da un computer all’altro la lista dei brani: in seguito ha creato un più pratico e snello add-on per il programma iTunes.

In una dichiarazione poco dopo l’accaduto, Speth ha descritto la situazione con la Apple come un fraintendimento, causato dal fatto che il suo progetto è cresciuto e mutato al di là dei piani originari e ha parlato della possibilità di far funzionare iCommune senza usare il codice di sviluppo della casa di Cupertino.
Infatti, qualche settimana dopo, sul sito del plug-in è comparso un messaggio che preannuncia il ritorno di iCommune in una nuova versione, scorporata da iTunes, senza traccia di codice proprietario Apple, con diverse nuove funzioni e ora rilasciata come open source sotto licenza Gpl.

Rimangono però aperti alcuni interrogativi: Apple ha dichiarato di non aver agito per paura di future implicazioni legali, ma resta forte il dubbio che l’infrazione delle clausole contrattuali sul Software development kit sia solo un cavillo per tirarsi fuori da una situazione possibilmente spinosa nel campo dei diritti d’autore.
L’azienda di Steve Jobs finora non si è mossa contro i vari software di condivisione (Limewire, eDonkey, Aquisition…) e ha assunto anzi una posizione aperta e illuminata nel settore del Digital Rights Management: l’accoppiata iTunes + iCommune rischiava invece di essere un segnale troppo forte, controproducente per l’immagine e le strategie aziendali.

Articolo originariamente pubblicato su Mytech.it