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Elettra Stamboulis e Gianluca Costantini a Bologna per “Arrivederci, Berlinguer”

Audio e trascrizione dell’incontro con il pubblico il 15 maggio 2014 alla libreria Coop Ambasciatori.

Libreria Coop Ambasciatori di #Bologna @channeldraw ed @ElettraStamboul pronti all'incontro su "Arrivederci Berlinguer"Ecco di seguito alcune registrazioni e alcune trascrizioni testuali dall’incontro con Elettra Stamboulis e Gianluca Costantini, coautori del fumetto “Arrivederci, Berlinguer”, edito da BeccoGiallo.

Durante l’incontro sono state affrontate numerose questioni, anche dietro stimolo di un pubblico attento e attivamente partecipante. La parte che condivido è pertinente perlopiù alla realizzazione del libro e al rapporto tra fumetto e politica, che come i due autori fanno notare, negli ultimi anni è cambiato profondamente e si è affrancato dal mero ambito satirico.

Ecco di seguito una trascrizione testuale di una parte delle registrazioni.

Elettra Stamboulis: “Quando la casa editrice ci ha chiesto di fare un libro su Berlinguer è stata un po’ una sorpresa. Una gradita sorpresa, ma sempre una sorpresa. Questo perché nel fumetto parlare di uomini politici non è qualcosa di possibile o praticato se non per fare satira. La satira politica ha una grandissima parte nell’esperienza fumettistica. Costituisce forse una delle pratiche più diffuse a livello non solo nazionale ma anche internazionale. Anche in Paesi dove il fumetto non ha una grande tradizione, la satira c’è. Ma la narrazione, invece, di tipo saggistico, o biografico, o romanzesco, che tratti la vita di personaggi politici poi così recenti, è qualcosa tutto sommato di nuovo. E farlo con un fumetto presenta dei rischi. Perché il fumetto non è un saggio storico. Non può esserlo. Lavora per sintesi. Lavora per suggestioni di immagini. Lavora per sequenze che molto tolgono. Come diceva un grande del fumetto, della Graphic Novel internazionale, Will Eisner, è “letteratura bucata”. È più quello che manca che quello che c’è. Vanno riempiti continuamente dei buchi. Quindi dover affrontare un personaggio così complesso, così discusso, soprattutto oggi, in cui si legge la vita di Berlinguer con gli occhiali dello strabismo di quello che è successo dopo, cié della dissoluzione del PCI; Della fine di quell’eperienza politica. Si legge Berlinguer con quello che poi sono le scelte umane di coloro che hanno guidato poi la chiusura e la nascita di atre esperienze ancora in divenire. Questa cosa poteva anche risolversi inuna sorta di biografia didascalica, sintetica. Un po’ quella scuola che è stata praticata, soprattutto nei paesi dell’Est dell’Europa dove il fumetto ha avuto una vicenda particolare […] con una visione sempre didascalica, moralizzatrice, si mettono in ordine i fatti e si dicono le cose giuste, si creano anche dei feticci. E io non volevo creare questo rischio e soprattutto sapevo di dover fare un fumetto. Per questo ho scelto la pratica del ricordare, che significa letteralmente riportare al cuore.
Partire dalla propria esperienza di vita, da quello che è stato prima di tutto per me quest’uomo, nella mia piccola esperienza, che però ho scoperto essere di tanti. Perché poi quando il libro è uscito, tantid ella mia generazione, tanti quarantenni, se vogliamo anche un po’ orfani di quest’esperienza. Hanno visto la porta chiudersi. L’hanno vissuta iù come una sorta di testimone che arrivava ma un testimone tradito. […] Questo sguardo di noi che stavamo crescendo, che in qualche modo siamo stati con un piede di qua e uno di là, che abbiamo cominciato a conoscere la partecipazione politica, la vita civile e collettiva attraverso, appunto, un funerale. […] È un libro molto sul presente, molto sull’interrogativo del chi siamo, come siamo arrivati qui, attraverso la vicenda umana straordinaria di Berlinguer.

Gianluca Costantini: “Libri a fumetti di questo genere sono una novità. […] È un linguaggio talmente nuovo che solo dieci anni fa un libro a fumetti era impensabile. Fare una biografia di un politico o di un personaggio a fumetti, uno non ci pensava neanche come autore.
Questi tipi di fumetti sono estremamente diversi dai libri di fumetto classici a cui siamo abituati. […] Quindi il linguaggio che viene usato non può essere quello di uno storico, di un saggio, non si può essere così didascalici. Perché sennò è inutile il disegno, vicino. Per noi il libro di Berlinguer, di Gramsci, e quello di Assange sono comunque libri emozionali, poetici, etetici. Devono, oltre che comunicare, dare una forte vicinanza a chi li legge, di amore più che di cultura della vita della storia: Berlinguer nel 1971 è andato in bagno e via dicendo.
Questo è proprio: gli occhi di Berlinguer. O lui allo stadio con Craxi. Sono momenti che solo il fumetto può descrivere. Non li può descrivere il cinema. Non li può descrivere la letteratura, il romanzo, perché sono particolari. E nuovi. Quindi difficilmente catalogabili come documentario. O [saggio] storico. È proprio un linguaggio nuovo.”

Elettra Stamboulis: “Quello che ci muove sono le immagini. Che siano le immagini a parole, che siano le immagini disegnate, che siano le immagini cantate… quelle sono quelle che ci muovono. Il fumetto, per questo suo mettere insieme parole e disegno… […] il disegno viene prima di tutto. Viene prima di tutto per l’umanità. Viene anche prima dell’alfabeto. […] Sta nella nostra umanità radicale e ci comunica il nostro limite e anche la nostra possibilità. […] Io volevo raccontate una bella storia. Volevo una storia che muovesse le persone. Che lasciasse degli interrogativi. […]”