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David Rubìn e “L’Eroe”

Trascrizione quasi integrale dell’intervista fatta all’autore spagnolo a Lucca Comics 2013.

Alla scorsa edizione di Lucca Comics ho avuto l’occasione di porre alcune domande a David Rubìn in occasione dell’uscita del secondo volume della sua saga epica “L’Eroe”.
L’intervista è stata realizzata grazie alla Tunué, che è l’editore di Rubìn in Italia, e con la preziosa partecipazione e collaborazione di Daniele “Gud” Bonomo.

Avvertimento: Rubìn ha risposto in spagnolo e nonostante l’aiuto di Gud è probabile che io non abbia capito qualcosa o lo abbia interpretato male. A questo fine prossimamente renderò disponibile l’audio integrale.

David Rubin a Lucca Comics 2013Nicola D’Agostino: Quanto tempo hai impiegato per finire “L’Eroe”?
David Rubìn: Quattro anni. Quattro anni dalla prima stesura [della sceneggiatura]. Per il disegno [delle tavole c’è voluto] meno tempo. Due anni.

NDA: Una delle cose che mi ha colpito è come si sposino bene disegni e colori. I colori sono tuoi?
DR: Sì, sono miei. Per me il colore è molto importante perché lo uso da un punto di vista narrativo, non decorativo. […] voglio cercare i colori che trasmettano le sensazioni al lettore in momenti differenti, cambiare completamente l’atmosfera, passando da una tonalità verde al rosso […] a seconda di quello che sto raccontando.

NDA: In alcune parti de “L’Eroe” usi solo sfumature di un colore.
DR: Sì, perché per me in queste parti [serve] a richiamare l’attenzione su una cosa specifica. Se il colore cambia è una distrazione, distrae il lettore dalla lettura.
Il mio compito è stabilire un ordine: il disegno, il colore […] così che un libro di trecento pagine si legga molto velocemente, perché ti coinvolge. Per me il colore è uno strumento narrativo, allo stesso modo dello storytelling o del testo. Per me il colore è parte della narrazione.

NDA: Quali sono state le fasi del disegno?
DR: Prima bozza con la matita. Inchiostro con il pennarello. Poi il colore.
NdA: Hai fatto dei layout?
DR: No, in questo libro no. Ho [disegnato] direttamente. Quello che è qui [sulla pagina] è la mia prima idea perché penso che noi autori ci autocensuriamo, perché se possiamo rifletterci sopra scegliamo le soluzioni più sicure. Invece quando si lavora senza uno storyboard le prime idee sono le più folli. Ci sono le prime cose che vengono fuori.
NDA: Ed è sempre stata “buona la prima”?
DR: A volte no, però puoi sempre cancellare. Altrimenti come fanno quelli che producono le gomme da cancellare? [Risate]
NDA: Quante volte sei tornato indietro a cancellare?
DR: Poco. [Gud chiede: Quante pagine hai rifatto?] Avevo tutto molto chiaro sin dal principio, perché quando lavoravo alla sceneggiatura ci ho dedicato molto tempo e tutto era molto dettagliato ed avevo abbastanza chiara in mente l’immagine della pagina. È come se la sceneggiatura avesse fatto da storyboard.

NDA: I capitoli sono molto diversi come lunghezza. Come ti sei regolato per il numero di pagine?
DR: L’unica cosa che cercavo/volevo era che la storia […] Spesso si vuole raccontare una storia, ma c’è l’impedimento di un certo formato con un numero di pagine…
NDA: Però avevi un limite massimo [di pagine], no?
DR: Certo, c’è sempre. [Al mio editore in Spagna ho detto che] nel contratto non potevo mettere le pagine perché non sapevo quante pagine sarebbero state. Inizialmente [dovevano essere] 300 pagine. Alla fine sono [diventate] 600. [Risate]
NDA: E se ne facevi 900?
DR: Starei ancora lavorando a “L’Eroe” [Risate]
Io penso che tutte le pagine siano necessarie, non una pagina in più, non una di meno: sono tutte le pagine che la storia richiedeva. E per me è stata anche una sensazione di totale libertà poter raccontare una sequenza di pagina di azione con un tot di pagine senza dovermi preoccupare come in un comic book Marvel o DC quante pagine di azione usare. Una? Due? Volevo potermi permettere di coreografare bene i combattimenti, elaborare l’azione da un punto di vista fisico e […] i movimenti giusti. […] E l’unico modo di poterlo fare era avere libertà nel numero delle pagine.

[Breve digressione in cui elogiamo le aperture in medias res delle storie di Jack Kirby, che Rubìn definisce “meravigliose”]

NDA: Ne “L’Eroe” presenti alcuni scontri sotto forma di “What-If”, e mostri versioni alternative immaginarie della vita dei personaggi. Come ti è venuta in mente quest’idea?
DR: Il Capitolo nono del primo libro è un capitolo chiave, importante nella trama. [Quelle di Ercole e Teseo] sono sequenze oniriche […] e penso sia un modo di mostrare al lettore che [anche se] sta leggendo un fumetto di avventura, queste sequenze raccontano qualcosa di più, [così da] tornare all’inizio e [rileggere) il libro [?] in un modo completamente diverso. Completamente diverso. E preparano molto di più il personaggio a tutto ciò che gli succede nel secondo volume. È […] come la passione di Gesù Cristo però con Ercole. Era necessario mostrare quel momento in cui si vede davvero dentro l’anima di Ercole. […] Nel secondo volume tira tutto fuori, c’è l’espressione massima dell’animo del personaggio. Mostra il suo vero volto, [ovvero quello di] un personaggio con problemi, insicuro di sè e che […] fa molto danno. […] Ha un lato oscuro che [viene fuori] e fa molto danno. [Gud fa da interprete: C’è una lotta tra quello che Ercole è e come appare. Ha dei problemi che si ripercuotono sulla gente più vicina. La gente gli manca e lui diventa il nemico di se stesso.]

[Digressione sul lettore de “L’Eroe” e sul fatto che Rubìn non si è preoccupato di rivolgersi a un tipo di lettore preciso]
DR: “Io leggo fumetti europei, americani, manga, e alla fine mescolo tutto. E come lettore non ho problemi a combinare diverse culture fumettistiche e tantomeno ho problemi come autore a combiare il tutto nelle tavole.”
[Rubìn dice inoltre che in Italia il suo pubblico è eterogeneo: donne, uomini, giovani e non, e lo stesso in Spagna mentre in Francia nota che il pubblico è più maturo, anche sui cinquanta anni, e meno donne]

[Rubìn paragona il lavoro fatto con L’Eroe alla corsa di un fondista, ma aggiunge che è un piacere cambiare e lavorare [per Beowulf] con un’altra persona, in questo caso uno sceneggiatore. Ci si sente meno soli.] DR: “È importante che una collaborazione con uno sceneggiatore sia diversa da un’opera [fatta solo] da me, come autore completo.”

NDA: Il colore come è fatto? In digitale?
DR: Sì. Con Photoshop. È fatto con il computer. […] C’è anche qualche piccola correzione ma il disegno è invece stato fatto tutto a mano. […] C’è chi, come Enrique Fernandez [l’autore di Aurore, NdA], fa tutto in digitale ed è qualcosa di veramente meraviglioso, però per ora io lavoro bene così, e lavoro velocemente. A lavorare in digitale [probabilmente] ci metterei di più.

[Gud chiede a Rubìn come inchiostra]
DR: Con un pennello giapponese. Sintetico ma ha il pelo. È come un pennello normale. […]

[Gud chiede se facendo il secondo volume è venuta voglia di cambiare qualcosa nel primo]
DR: No, no, però la vita cambia mentre tu stai lavorando […] e anche se hai una sceneggiatura, un personaggio che aveva poca importanza nella trama, come succede nella vita, poi ne acquisisce molta. […] È [un libro] molto organico perché il personaggio principale, Ercole, si evolve durante il libro, s’inasprisce, cambia continuamente. Allo stesso tempo anche il mio disegno si evolve. Uno dei miei fumetti preferiti è “Daredevil: Born Again”, disegnato da David Mazzucchelli, in cui all’inizio tutto è molto dettagliato, naturalistico, mentre verso la fine è come scatentao [???] e come si evolve lo stile di Mazzucchelli si evolve anche il personaggio di Matt Murdock. È un po’ lo stesso per me. Penso che se si prende la prima pagina del primo volume [del L’Eroe] e l’ultima pagina del secondo volume si noti un’evoluzione grafica.