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MusicBlob – Can I Get An Amen? (versione italiana)

Testo originale di Nate Harrison.
Traduzione di Nicola D’Agostino con la collaborazione di Nicola Battista

Distribuito sotto licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike. Per ulteriori informazioni vedere “Can I Get An Amen?” – un saggio sull’estetica del sampling.

 

Sono Nate Harrison e questa registrazione è stata fatta nell’inverno del 2004.
Vorrei parlare di batteria o meglio di un particolare giro di batteria. Sono sicuro che l’abbiate sentito decine di volte in passato. È una parte ubiqua del panorama culturale della musica pop. È stato usato come base ritmica un po’ ovunque dal gangster rap di fine anni ’80 all’hip-hop di seconda mano usato dalle corporazioni americane per vendere cose come blue jeans e jeep all’America dei sobborghi. E in effetti proprio la settimana scorsa ho visto una pubblicità televisiva di un’azienda farmaceutica con questo giro di batteria usato per promuovere un qualche tipo di pillola violacea.
È stato usato così tanto che si potrebbe dire che sia entrato e probabilmente da tre o quattro anni nel reame audio dell’inconscio. Ormai ci si sorvola ma [questo giro] ha una storia notevole.

Questo particolare giro di batteria, o meglio questo breakbeat, come viene chiamato per essere esatti – o ancora più semplicemente “break” – beh, questo break è chiamato “Amen”. L’ “Amen break”.
Ecco come suona.
01:18->01:25 Amen break

Ve lo faccio risentire:
01:28->01:34 Amen break

Questo break, nonostante la sua popolarità d’uso nel corso dell’ultima decina di anni nella cultura contemporanea, in realtà risale a quasi quarant’anni fa.
L’Amen break è una breve parte di -e prende il nome da- una canzone uscita nel 1969 intitolata “Amen, Brother”.

“Amen, Brother” fu inciso da una band funk e soul che si faceva chiamare The Winstons. “Amen Brother” è il lato B di un singolo dei Winstons intitolato “Color Him Father”. “Color Him Father” fece ottenere alla band un Grammy Award diventando uno dei successi della Top 100 nel 1969. È probabilmente il brano per cui il gruppo è più noto. Ma è il lato B, “Amen, Brother”, che contiene quel classico drum break nel bel mezzo della canzone, cosa che lo rende perfetto per venire campionato.
Eccolo ancora una volta, con una porzione maggiore del resto del brano per contestualizzarlo:
02:24->02:40 Estratto “Amen Brother”

“Amen, Brother” fu inciso, venne messo in vendita e fu suonato: fece il suo corso senza lasciare particolarmente il segno. Però il giro di batteria nel mezzo del brano venne resuscitato con l’avvento del campionatore negli anni ’80.
Una breve nota sul campionatore: era un apparecchio delle dimensioni di un videoregistratore che consentiva all’utente di registrare qualsiasi suono immesso e venire poi subito riprodotto e arrangiato. Il campionatore e il giradischi furono gli strumenti largamente responsabili per la nascita e sviluppo dell’hip-hop. Grazie al campionatore, ogni giro di batteria, ogni riff di chitarra, ogni suono che si potesse registrare poteva venire usato come parte di una nuova composizione, di una nuova contestualizzazione.

Oggigiorno quasi tutta la musica commerciale viene realizzata almeno in parte impiegando il sampler ma l’hip-hop ed altri generi musicali basati sull’elettronica sono stati i pionieri dell’uso del campionatore e l’Amen break è stato uno dei primi break campionati con cui si è sperimentato.
Ecco un esempio tra i primi, dal brano “Wordz of Wizdom” del duo 3rd Bass di New York, uscito nel 1989:
03:41->03:57
e questo invece è un altro esempio, il brano “Straight Outta Compton” degli NWA, anche questo del 1989:
04:03->04:18
e infine ecco Mantronix, con “King of The Beats” del 1990:
04:23->04:37
In (tutti) questi casi è stato usato un loop di una battuta dell’Amen break per creare la parte ritmica. Diciamo anche che è un uso piuttosto elementare del break.

Con il passare degli anni e l’evoluzione dei campionatori, si è evoluto anche il loro uso.
Nel Regno Unito, all’epoca in cui uscì “Straight Outta Compton” avvenne l’esplosione della scena rave con musicisti e deejay che usarono il campionatore e l’Amen break per produrre hardcore techno, ragga, jungle e drum’n’bass. Nello specifico la jungle, amalgama del toasting del reggae, linee di basso in primo piano e breakbeat iperveloci, ha un’estetica che è incentrata quasi interamente sulla decostruzione dell’Amen break.
Questa fu ottenuta affettando i sei secondi del campione originario in singole percussioni. Ogni colpo di rullante, grancassa, gli hi-hat, i crash, i piatti.
05:25->05:32 Esempio
Queste “fette” poi potevano venire ricombinate e manipolate in innumerevoli modi per creare nuovi motivi.
05:38->05:49
Ecco un artista jungle degli inizi, Shy FX con “Original Nuttah”, del 1994:
05:55->06:09
ed ecco invece un altro brano di L Double and Younghead intitolato “New Style”, del 1996:
06:16->06:30
Brani con l’Amen come questi erano numerosi e venivano disseminati facilmente presso il loro pubblico attraverso gli acetati, “test pressings” o “dub plates” come vengono anche chiamati.
Queste incisioni “one off” (uniche) a differenza dei normali dischi di vinile commerciali che solitamente dovevano venire stampati in quantità da un migliaio in su erano, e sono tuttora poco costose e realizzate velocemente. Un musicista poteva produrre un brano con l’Amen break in una mattinata, far realizzare un dub plate nel pomeriggio e farlo suonare al pubblico da un deejay la sera stessa. I dub plate, tuttavia, non durano a lungo e possono venire suonati solo una cinquantina di volte prima di consumarsi. La registrazione che state ascoltando è un esempio di un dub plate.

Ad ogni modo, con la popolarità della Jungle il risultato fu un pubblico creativo che fece proprio l’Amen, nel nome di una specie di atteggiamento “intellettuale”, come alcuni potrebbero definirlo. Ciò che fecero fu spingere il livello di assurdità nell’uso modificandone l’arrangiamento al di là della ballabilità e della sincope sino a un ambito di feticizzazione e di auto-indulgenza.
Ecco di seguito il britannico Tom Jenkinson noto come Squarepusher con il brano “Vic Acid” del 1997:
07:35->07:49
e lo statunitense Keith Withman noto come Hrvatski con il suo brano “Routine Exercise” del 1998:
07:57->08:12

Ora facciamo un passo avanti. Se vi sintonizzate sulla stazione radio su Internet www.raggajungle.com sarete bersagliati da infinite permutazioni dell’Amen break.
Ventiquattro ore al giorno. Sette giorni alla settimana. Anche se la Jungle e la Drum’n’Bass hanno ormai più di dieci anni hanno fan accaniti anche se il fulcro è la nostalgia per la produzione della scena britannica degli inizi.

Trovo tutto questo interessante: centinaia di brani, dozzine di DJ, numerosi locali e in sostanza un’intera sottocultura basata su quest’unico giro di batteria. Meglio: basati su sei secondi del 1969.
Cosa ha l’Amen break? Perché ha tanto fascino? È per la carica del rullante? O forse il groove generale del giro? È palese che pare aver contagiato molti grandi musicisti. Ecco un altro esempio, alquanto singolare, di Perry Farrell, conosciuto come il frontman dei Jane’s Addiction e dei Porno For Pyros alle prese con una sorta di cover ibrida Jungle-Rock di “Whole Lotta Love” dei Led Zeppelin
09:20->09:35
Il “Whole Lotta Love” originale, per ironia della sorte, fu fatto uscire dai Led Zeppelin nel 1969, lo stesso anno di “Amen Brother”. Indubbiamente l’Amen break appare piuttosto flessibile rispetto a tutta una serie di generi e gusti musicali.

A questo punto una domanda importante da fare probabilmente è “Dove erano i Winstons durante tutto ciò?” La musica basata sul campionamento sia negli Stati Uniti che oltreoceano fiorì durante gli anni ’90. Hanno assistito alla trasformazione del loro breakbeat da groove soul a caposaldo della musica elettronica underground? E cosa hanno pensato i membri della band della sfacciata appropriazione apparentemente senza permesso da parte di musicisti rave e hip-hop?

Forse a Richard Spencer, membro fondatore dei Winstons e detentore del copyright di “Amen Brother” (che curiosamente ha lasciato il mondo della musica e si è laureato in Scienze Politiche) semplicemente non importava. Forse, come tanti altri durante gli albori dell’Hip-Hop non riteneva che questo, e gli altri generi basati sul campionamento, avesse alcun potenziale al di là di un limitato appeal underground.
Durante gli anni ’80, quando i DJ saccheggiarono i dischi Jazz e R’n’B alla ricerca di sample, l’Hip-Hop in particolare e la musica elettronica in generale, non erano i fenomeni pop e i campioni di incassi che sono adesso. Sembra esserci un breve periodo di “gloria” quando la novità del campionamento e la rapidità della sua adozione crebbero più di quanto qualsiasi burocrazia del copyright potesse adeguare le sue leggi.
I pezzi più vecchi vennero appropriati, forse con la presunzione di poter venire liberamente usati in questo periodo di dedizione a nuove forme. In altre parole il sampling non era visto semplicemente come il rimaneggiamento di vecchi suoni ma come un tentativo di creare qualcosa di nuovo dal passato, una strategia artistica adottata sin dagli albori della creatività. Solo quando queste forme (musicali) urbane iniziarono a ricevere parecchia attenzione e a produrre notevoli guadagni allora la gente, ed in particolare i pezzi grossi delle corporazioni che possedevano il copyright di gran parte dei vecchi brani iniziarono a perseguire le violazioni del copyright.
È però interessante che I Winstons, che tralaltro sono ancora in attività anche se solo come nome dato che nessuno dei componenti originali suona più nel gruppo, non hanno mai perseguito azioni legali contro le centinaia di casi di appropriazione dell’Amen break negli ultimi vent’anni. Sembra quasi che l’Amen [break] a causa dell’enorme impiego da parte di produttori e DJ in tutto il mondo sia in entrato in una sorta di pubblico dominio. Forse non dal punto di vista legale ma certamente da quello culturale.
Ad ogni modo, durante la trasformazione della jungle dal suo status nei club underground nella più amichevole “elettronica” come viene chiamata dai media, ha avuto una strana serie di eventi. Le agenzie pubblicitarie, ansiose di trovare nuove prospettive per spacciare prodotti di consumo attingendo a ciò che i “ragazzi della strada” stanno facendo o ascoltando in questi giorni hanno cominciato a usare i breakbeat, Amen break incluso, negli spot televisivi.
Ad esempio ecco una pubblicità della Jeep in onda di questi tempi in California, per promuovere un”extreme Jeep event”:
12:43->13:03

Notando la sempre maggiore popolarità dei breakbeat nella musica e accorgendosi dell’esistenza di un mercato in crescita di produttori desiderosi di impiegare l’Amen break, alcune aziende iniziarono a commercializzarlo attraverso ciò che apparivano come canali assolutamente legali. Ad esempio, alla fine degli anni ’90 un’azienda britannica chiamata “Zero-G Limited” mise in commercio dei “Jungle construction kits”, CD di sample contenenti centinaia di breakbeat tra cui l’Amen.
Ecco di seguito la loro versione dal loro CD “Jungle warfare” che, notiamo, riporta la dicitura copyright del 2002 Zero-G
13:39->13:45
Questo invece è di nuovo l’Amen break, tratto dal disco in vinile dei Winston, acquistato su eBay, e con copyright del 1969. L’ho velocizzato leggermente per ottenere la stessa velocità del sample Jungle:
13:55->13:59

Non penso sia affatto azzardato concludere che la Zero-G si è appropriata dell’Amen break anche se garantiscono che tutti i sample nel loro CD sono stati realizzati appositamente. E da nessuna parte c’è alcuna traccia di un accordo di licenza con i Winstons per l’uso dell’Amen break. Il risultato è che abbiamo due copyright per lo stesso materiale. Com’è possibile?
E inoltre: anche se possiamo usare la versione di Zero-G per creare nuove produzioni non possediamo il sample dell’Amen ma solo la licenza d’uso. Non possiamo prendere il loro sample dell’Amen e usarlo per creare un nuovo CD di sample. La conseguenza è che, in un certo senso, l’Amen break appartiene più che ai Winstons a ditte come la Zero-G Ltd.
Perché insisto su quest’aspetto?
Cosa c’è di rilevante riguardo l’Amen break?

Me ne sto occupando perché ritengo che la sua storia è un buon esempio per illustrare la crescita del campionamento digitale e le problematiche connesse in rapporto alle sempre maggiore rigidità di leggi e regolamentazioni sul copyright e sul trademark dei nostri giorni.

Ripercorrere la storia dell’Amen break, vuol dire ripercorrere un breve periodo storico in cui è parso che gli strumenti digitali offirssero una quantità praticamente senza limiti di nuove forme di espressione. Laddove la produzione culturale, perlomeno in ambito musicale, ha esplorato le possibilità grazie al poter appropriarsi liberamente le forme del passato per ottenere nuove combinazioni e quindi nuovi significati. Questa storia dimostra che una società “libera di attingere e costruire sul passato è culturalmente più ricca di una controllata” per usare le parole di Lawrence Lessig, professore di legge a Stanford, sostenitore della riforma del copyright e cofondatore dei Creative Commons, un’organizzazione che offre alternative legali ai protocolli del copyright.

Con il passare del tempo, esempi come quello dell’Amen break diverranno sempre più rari fino a sparire. A settembre di quest’anno la Corte Federale del Sesto Circuito ha deliberato che gli artisti devono devono pagare per tutti i sample usati che non siano di pubblico dominio a prescindere dalla lunghezza o riconoscibilità dei sample in questione. Ma a causa di numerose modifiche alle leggi sul copyright statunitensi, ad esempio il Copyright Act del 1976 e il Sonny Bono Copyright Extension Act del 1998 che estende il copyright sino alla metà del ventunesimo secolo, sostanzialmente tutta la produzione del ventesimo secolo è stata estromessa dal pubblico dominio, esclusi dal sampling a meno che si abbiano molti soldi e avvocati.

Sembrerebbe dunque che un’azienda come la Zero-G con il suo tentativo di regolare e trarre profitto dall’uso dell’Amen break stia aiutando ad affermare la supremazia delle leggi relative al copyright laddove il successo stesso di questa azienda ha avuto luogo grazie alla mancanza di rigide leggi sul copyright riguardo al sampling dei breakbeat. In altre parole quando il copyright è flessibile all’interno di una cultura cresce non solo l’innovazione, ma anche i mercati ed il capitale. Si sviluppano nuovi trend, si cercano nuovi suoni, le nuove uscite diventano ambite ed enormemente popolari, talvolta facendo il tutto esaurito. Nascono nuove star e nascono nuovi pubblici. I soldi passano di mano in mano, tutto alla ricerca di nuove forme e nuove esperienze, del potenziale di nuove connessioni e significati. Penso che la storia dell’Amen break lo dimostri.

Volendo citare la Corte Federale ed il giudice Alex Kozinsky in una sentenza sul copyright dello scorso anno “un eccesso di protezione della proprietà intellettuale è dannoso tanto quanto lo è la mancanza di protezione. La cultura è impossibile senza un fertile dominio pubblico. Nulla oggi così come nulla sin da quando abbiamo iniziato a usare il fuoco è davvero nuovo. la cultura, come la scienza e la tecnologia cresce per accumulo con ogni creatore che costruisce sulla base di color che l’hanno preceduto. L’eccesso di protezione danneggia le stesse forze creative che si prefigge di proteggere.”

Fine della registrazione.

Testo originariamente pubblicato su Musicblob.it