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Assurdità da eccesso di copyright

Quando brevetti e diritti superano il limite del buon senso. Una rivista americana ha stilato la classifica dei casi più incredibili e ridicoli. Su tutti, però, una vaga sensazione di inquietudine e timore che l’ossessione per l’intellectual property abbia passato il limite.

di Nicola D’Agostino

Un elenco di curiosità, eccessi ed esagerazioni recenti e storici del copyright e dei brevetti: lo ha stilato la rivista Mother Jones in un pezzo intitolato “Intellectual Property Run Amok” (Proprietà intellettuali fuori controllo).

Tra le gemme della lista ci sono ad esempio le cause legali che l’associazione statunitense delle etichette discografiche ha intentato ai “pirati” o presunti tali: tra questi c’è una donna di 65 anni che non ha mai usato software per il file sharing ma è stata comunque accusata di aver condiviso 2000 file con richieste di danni fino a 150 mila dollari a brano. Pagare per aver campionato del silenzio?

Assurdo ma possibile: è successo al gruppo The Planets accusato, per fortuna senza successo, dalla fondazione John Cage per aver usato ben 60 secondi di un “brano” di silenzio del noto compositore.
Non meno assurdo è il comportamento della Disney e di altre aziende che nel 2005 hanno portato in tribunale due piccoli negozi di Los Angeles per aver sfruttato senza permesso i personaggi di Winnie the Pooh, The Incredibles e Nemo in decorazioni del valore commerciale di ben 15 dollari.
Il sito Rentamark.com invece rivendica (e si fa pagare l’uso) di 10 mila parole e frasi inglesi comuni, tra cui “chutzpah” (faccia tosta), “.com” e addirittura “big breasts” (seno grande).

Secondo Mother Jones negli Stati Uniti le cause basate su un brevetto sono più che raddoppiate dal 1992 ad oggi. Uno scenario che diviene addirittura inquietante alla luce di altri dati: uno di questi è che sempre negli Stati Uniti quasi il 20% dei geni umani siano coperti da brevetto, il 63% dei quali ia in mano a aziende private.

Articolo originariamente pubblicato su Mytech.it