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Be different

Un sistema operativo dalle spiccate caratteristiche multimediali, che può rappresentare un’alternativa a Windows, e anche a Linux.

di Nicola D’Agostino

Pensate ad un sistema operativo progettato per supportare e sfruttare più processori contemporaneamente, basato su un microkernel, un "cuore" piccolo e modulare, rapido e reattivo anche su sistemi poco potenti ma allo stesso tempo dotato di multitasking e memoria protetta. A questo aggiungete un filesystem a 64 bit che permette di avere file più grandi di un Terabyte, che offre una funzione di journaling e che supporta molti filesystem di altri OS, che pur non essendo uno UNIX ha una shell di tipo bash e l’aderenza allo standard POSIX ma allo stesso tempo implementa la grafica OpenGL e ha una predisposizione al video ed all’audio con midi integrato. Infine aggiungete un’interfaccia chiara, essenziale ed elegante, ed un design ad oggetti che aiuta la programmazione, l’ottimizzazione delle risorse ed il riutilizzo delle stesse.

Be

Quello appena descritto è un sistema che esiste sin dalla seconda metà del decennio scorso, dal 1995 per la precisione, e che risponde al nome di BeOS.

Cos’è BeOS? Qual’è la sua storia?

Il BeOS è un sistema operativo che non deriva da nessun altro sistema preesistente, è scritto da zero e implementa soluzioni e caratteristiche moderne, ma non sbuca dal nulla, ma è frutto bensì di un team capitanato da Jean Luis Gassee, carismatico ex-dirigente Apple.

Jean Louis Gassee

Gassee è il fondatore della filiale europea della casa di Cupertino ed alla Apple ha svolto, fino al 1990, un ruolo di primissimo piano nella progettazione e direzione tecnologica: qualcuno dice anche troppo, addebitandogli in parte l’attuale posizione di nicchia del Mac, a causa di una condotta troppo elitaria e poco propensa a compromessi ed accordi.

Nel 1990 Gassee, insieme al collega Steve Sakoman (con trascorsi in Silicon Graphics, HP ed Apple) ed altri personaggi provenienti da Adobe, Opcode, Microsoft fonda la Be, Inc. che inizialmente punta su un’accoppiata di hardware proprietario (una macchina multiprocessore PowerPC, la BeBox) più sistema operativo, il BeOS, che viene implementato anche per i sistemi Macintosh.

L’idea dietro il progetto era quella di costruire una macchina che rappresentasse una soluzione innovativa per la gestione dei dati multimediali e che suscitasse lo stesso senso di lealtà e attaccamento del computer Amiga, computer che aveva affascinato per anni Gassee. In realtà la BeBox, presentata dopo cinque anni, seppur con prezzo e caratteristiche interessanti quali l’enorme numero di connettori ed interfacce a disposizione non prese mail il volo ed a inizio del ’97 fu abbandonata.

BeBox

La Be si concentrò quindi sul BeOS, rilasciando lo stesso anno la versione 2 per piattaforme Apple e cloni.

Be ed Apple: un accordo mancato

Nel frattempo il BeOS per poco non divenne la base del nuovo OS di Apple: la spuntò un altro fuoriuscito, il cofondatore e figliol prodigo Steve Jobs con il suo NeXT, anch’esso innovativo e object oriented. Forse anche per questo motivo le relazioni con la casa della mela deteriorano rapidamente e la Be si decise per il porting per piattaforma x86, reso realtà nel 1998. Nel giro di due anni si sono susseguite varie versioni, culminate nella R5 del marzo 2000 che fu diffusa in forma limitata (il nome esatto era "Personal Edition") ma in forma gratuita per PC e che rappresenta sia il punto di massima diffusione che l’ultima release ufficiale.
In realtà il rilascio della versione gratuita del BeOS (ne esiste tuttora in rete una scaricabile ed usabile liberamente) ha numerosi retroscena: tra questi c’è la difficoltà nel fornire il sistema operativo a distributori OEM per via degli ostacoli creati da Microsoft con i suoi discutibili contratti (e all’origine di una lunga procedura di causa risoltasi solo nel 2003 a favore di ciò che rimane della Be, Inc.) e l’obiettivo di rendere più semplice provare il sistema senza dover ripartizionare il disco rigido per installarlo.

BeOS schermata

Purtroppo la "Personal Edition" aveva reso popolare il sistema ma al tempo stesso danneggiava le vendite della versione "completa" e commerciale: la fine si approssimava per la Be Inc. che aveva accumulando debiti per oltre 54 milioni di dollari. L’ultimo tentativo di ripresa, e probabilmente anche l’errore finale, fu la decisione di riciclare le attività e gli sforzi nella creazione di una versione particolare dell’OS, BeIA , "Be [for] Internet Appliance[s]" ("Be [per] i Dispositivi Internet"), che ebbe solo il risultato di arrestare lo sviluppo software di terze parti per il BeOS.
E’ a questo punto che inizia l’interessamento della Palm.

Palm compra l’IP della Be: la fine per il BeOS?

E’ dell’agosto 2001 l’annuncio ufficiale che la Palm aveva acquisito l’IP, il patrimonio intellettuale, in pratica tutto il know-how e le tecnologie della Be per la cifra di 11 milioni dollari statunitensi. Le motivazioni della Palm parlano di "interesse a potenziare la connettività" e il lato multimediale dei suoi prodotti, cosa poi confermata dai fatti, circa due anni dopo, con la versione 6.0 del sistema operativo PalmOS che ha incorporato alcuni algoritmi ed architetture della ditta di Gassee.

azione Be Inc.

All’epoca la reazione immediata degli utenti fu di preoccupazione, sopratutto perché le dichiarazioni della Palm erano chiarissime e specificavano che non c’era alcuna intenzione di proseguire lo sviluppo del BeOS né tantomeno di accettare la proposta economica di un gruppo di sviluppatori di rilevare e proseguire lo sviluppo dell’OS.
La risposta a questa situazione di impasse è stata la nascita di una pletora di progetti dai metodi, dalle caratteristiche e dalle specifiche anche molto diverse tra di loro. L’obiettivo dei vari BlueEyedOS, Atheos, Leonardo, Cosmos, OSBOS era però lo stesso: creare un nuovo sistema operativo che incarnasse lo spirito e la filosofia del BeOS, anche grazie alla disponibilità di alcune parti del sistema che la Be Inc. aveva reso pubbliche. A coordinare i progetti (ed a tenerne traccia) c’è un sito indipendente e no-profit, BeUnited.

A questa situazione, molto fluida sino ad oggi, si aggiunge una versione illegale ed ancora sperimentale del BeOS, la 5.1 (chiamata "Dano"), diffusa probabilmente da qualche dipendente della Be. Questa versione, a tutti gli effetti una copia intermedia tra la 5 e la 6, contiene numerose chicche e migliorie tra cui una nuova gestione del networking, l’accelerazione della grafica OpenGL e una nuova interfaccia grafica, e non fece altro che aumentare sia la sensazione generale di "diaspora" del mondo BeOS che la frustrazione per ciò che sarebbe potuto diventare il futuro BeOS.

La situazione attuale

Vediamo ora una panoramica sulle varie iniziative che si prefiggono di raccogliere il testimone, ottimamente presentate oltre che sul già citato BeUnited anche sul sito dell’itBUG, l’agguerrito gruppo utenti italiano di BeOS.

BlueEyedOS, BeFree e Cosmoe intendono ricreare il BeOS sposandolo con (o sovrapponendolo a) una solida base
costituita da Linux o BSD.

OpenBeos invece vuole ricreare totalmente il BeOS ed è attualmente il progetto giunto ad uno stadio più avanzato, prossimo ad una presentazione ufficiale.

Nel panorama costituito da questi progetti free o comunque open ha fatto capolino e si è ritagliata sempre più spazio, anche se tra molte critiche e dubbi, una proposta commerciale: Zeta.
Sviluppata dalla tedesca YellowTab il sistema è a tutti gli effetti la prosecuzione commerciale autorizzata e legale di BeOS in quanto, è stato svelato, l’azienda aveva preso accordi di licenza in tal senso con la Be quando questa si era concentrata su BeIA.
Zeta, il cui nome sta per "vita" ed è tratto da un film, è vicina una release ufficiale che sarà disponibile in tre versioni dai nomi autoesplicativi: la "Home Edition" (dal costo di 49 dollari), la "Deluxe Edition" (su DVD, 99 dollari) e la "Developer Edition" (69 dollari).

Zeta

C’è chi cita il BeOS e le idee alla sua base come una delle ultime grandi innovazioni in campo di sistemi operativi, ed effettivamente un sistema giovane e pensato con coerenza ed attenzione all’interfaccia ma anche alla reattività non può che essere benvenuto in un’epoca fin troppo appiattita sull’omologazione informatica generale.
Una cosa  certa: la voglia di far rinascere il BeOS e rafforzare uno dei più interessanti sistemi operativi non manca e numerose sono le forze all’opera. Non rimane che aspettare la maturazione di qualcuno degli eredi, commerciale o free che sia.

Si ringraziano Giuseppe Gargaro e Christian Celona dell’ItBug

Approfondimenti:

L’iconografia del BeOS

Per chi fosse incuriosito dalla storia e dal folklore dietro alla Be ed ai suoi prodotti, in rete sono disponibili numerosi siti web con informazioni ed iconografia.Tra tutte vi segnaliamo due gallerie di immagini presenti sul sito www.bebox.nu.
La prima è dedicata a Joe Palmer, progettista del BeBox e del computer speciale di cui gli è stato fatto dono prima di lasciare la ditta, firmato ed istoriato con scritte e dediche da tutti gli impiegati della Be, Inc.
La seconda è una cronistoria delle varie versioni del BeOS, con foto di scatole, dischetti e CD, tra cui anche numerose beta e copie interne.

BeOS 1dr6 CD

BeOS Developer’s Guide

Uno dei primi accordi stipulati dalla nascitura Be Inc nella metà degli anni ’90 è stato quello con la O’Reilly.

La nota casa editrice di manuali tecnici dall’eccellente fattura è stata la fonte di riferimento per la ditta di Gassee, pubblicando nel 1999 un libro a firma di Dan Parks Sydow, "Programming the Be Operating System", che documenta ed assiste gli sviluppatori a scrivere applicazioni per il BeOS.
Nell’estate del 2003 questo libro, come già successo per altri volumi, ormai esaurito e fuori catalogo, è stato reso liberamente scaricabile dalla O’Reilly. All’indirizzo www.oreilly.com/catalog/beosprog è dunque possibile scaricare un documento in formato PDF con tutte e 397 le pagine del libro, un’interessante manuale per il programmatore o il curioso che vuole avvicinarsi e capire la tecnologia alla base del BeOS.


BeOS Dev Guide

Una versione di questo articolo è stata pubblicata su "Hacker Journal" n. 35 del 9/10/2003